Oggi parliamo con … Gianfranco Nerozzi

foto Gianfranco Nerozzi_bassaris

Intervista a cura di Massimo Ghigi

È per me un vero piacere poter fare una chiacchierata con uno dei principali esponenti della narrativa horror made in Italy, sto parlando del ‘poeta del brivido’ Gianfranco Nerozzi in questi giorni nelle librerie con l’agghiacciante ‘Bloodyline’ edito da Ink Edizioni; partiamo dalle origini, per chi ancora non ti conosce, come nasce Gianfranco Nerozzi scrittore?

GN: Per rispondere alla tua domanda, dovrei prima di tutto chiarirmi le idee riguardo un’annosa questione che da sempre viene sollevata: scrittori si nasce o si diventa? Che ricorda un poco un altro spinoso interrogativo riguardo l’uovo e la gallina, così come tutte le impossibilità di poter dare (e ricevere) risposte certe per definire quello che è l’inderogabilità. La risposta, credo si debba trovare nella teoria del Daimon, descritta perfettamente da James Hillman in quel bellissimo libro che è ‘Il codice dell’anima’. Noi tutti nasciamo per diventare qualcosa o qualcuno. Una predestinazione inderogabile, appunto, che nel mio caso si è manifestata in modo spontaneo e conseguente. Io sono stato scrittore da sempre. Quando suonavo la batteria e componevo musiche, ero già scrittore, senza saperlo. Così come quando dipingevo o scolpivo. Ho dovuto passare in rassegna tutte le forme espressive possibili e immaginabili, comprese le arti marziali per capire cosa dovevo fare per trasmettere quello che sentivo dentro. Alla fine di tutti i giochi, mi sono ritrovato (in una selva oscura) a battere con le dita su una macchina da scrivere mezza scassata per creare il mio primo romanzo. Ed è stato come respirare per la prima volta. E da allora non ho più smesso. La vogliamo chiamare predestinazione? Delirio? Forse solo una magnifica ossessione. Che grazie a Dio mi pervade già da molti anni.

La tua ultima creatura ‘Bloodyline’ è una miscela esplosiva di ‘giallo classico’, thriller paranormale, horror e dramma; protagonista della storia è Alessio un bambino emofiliaco che, quando è in atto una delle sue crisi in cui perde copiosamente sangue, entra in contatto quasi simbiotico con un serial killer chiamato ‘Il Contagocce’ perché dissangua completamente le sue vittime goccia dopo goccia in una sorta di rituale. Nell’introduzione del libro descrivi bene la sua genesi, definendolo una sorta di ‘reboot’, essendo in realtà una versione 3.0 di altre uscite in passato con contenuti e in momenti diversi, ce ne vuoi parlare?

GN: Con il titolo ‘Memoria del sangue’, il romanzo venne inizialmente pubblicato in tiratura limitata affinché venisse regalato da una multinazionale farmaceutica agli illustri ematologi italiani come una sorta di gadget omaggiante, (invece della cesta con dentro i vini pregiati: un bel thriller di Nerozzi dove veniva trattato il problema dell’emofilia). In seguito fu pubblicato in digitale, ma uscì restando nei mercati on line soltanto un paio di mesi o giù di lì. Per arrivare finalmente alla versione definitiva, cartacea e normalmente distribuita in libreria.  Anche se la storia in quanto tale, è rimasta sostanzialmente la stessa di allora, nella preparazione del romanzo nella sua versione ‘Bloodyline’, sono stati aggiunti nuovi ingredienti per insaporire ulteriormente e rendere la pietanza più corposa e degna di essere divorata.  Bon appétit mes amis! 

Nel libro tra citazioni e veri e propri ‘omaggi’ è evidente la tua passione per i libri di Stephen King, ci sono altri autori che ti hanno ispirato durante la tua carriera di scrittore?

GN: Ci sono autori con cui ti trovi a provare una sorta di sintonia. Ed è normale. Come quando si dice: “essere sulla stessa lunghezza d’onda”. Per me King è sicuramente uno di questi. Quando leggo le sue cose, dopo mi viene voglia di mettermi a scrivere, è come se mi scatenasse la passione ricordandomi di che pasta sono fatto, una simile alla sua, certo. Mi è capitato anche con Altieri. Con Lucarelli. Ma anche con Cormac mc Carthy. Dickens. Hugo. Le poesie di Ungaretti. I quadri di Caravaggio. I deliri di Giger e di Bacon. La musica di Tchaikovsky, le canzoni di David Bowie e dei Queen. I film di Sergio Leone… Oh ma solo per citarne qualcuno. Che se no starei qui fino a domani… Tanto per dire che l’arte in generale deve funzionare proprio così: come una trasmissione di respiri (una trasmigrazione!)  continua dello spirito e delle emozioni. Perché siamo tutti collegati e (inter)connessi.

Negli ultimi anni oltre alla neonata collana ‘Medical Noir’ per la Ink Edizioni ho avuto il piacere di constatare un certo fermento nella narrativa horror italiana con realtà editoriali qualitativamente anche molto alte; come valuti lo stato di salute della scena horror italiana?

GN: Il fermento riguarda più gli autori che gli editori. Perché a livello alto, nelle major editoriali per intenderci, e io ne so qualcosa: non ne vogliono proprio sentire parlare di horror e quando sono costretti a trattarlo, cercano di indorare le pillole. Di camuffare. Tanto per dire, io sono stato venduto da loro come autore di Thriller supernatural. La cosa non fa un po’ tenerezza? Io credo che i generi servano solo per creare delle gabbie da cui l’autore dovrebbe cercare di evadere. Che è quello che cerco sempre di fare in ogni romanzo, mettere in atto una fuga dall’impossibile. Solo per liberarmi un poco. E per riuscire a farlo, mescolo i generi fra loro. Giallo, thriller, noir, horror, drama… E in questo modo li annullo. Per creare una sorta di dimensione degenere. Oltre la linea di sangue, of course, tanto per restare in tema…

Lo svolgersi delle vicende in ‘Bloodyline’ è scandito da diverse citazioni di canzoni e di vari film, in appendice al libro sono riportate tutte le canzoni e i film citati; ora, dato che la colonna sonora del tuo libro l’hai già scelta, ti chiedo di scegliere regista e interpreti per il film tratto dal tuo libro!

GN: Il regista che ha girato il booktrailer, Franco Masselli, è molto bravo. E potrebbe essere perfetto per girare anche il film. Così come sarebbe perfetto anche il bambino reclutato sempre per il booktrailer. Nella parte del commissario, padre del piccolo protagonista, vedrei bene Adriano Giannini.  E Valentina Cervi nel doppio ruolo di zia Gloria e mamma Antonia.

Come nasce un libro di Gianfranco Nerozzi? Hai un ‘modus operandi’ fisso o dipende da libro a libro?

GN: Nasce, per ogni mio libro, dal casino più totale. Ho un metodo lavorativo assolutamente schizzato. Che nella fase iniziale mescola scrittura di getto buttata giù senza preoccuparmi troppo delle correzioni, spasmodiche ricerche sul web per le location, le attrezzature, la armi, la scienza, e tutto quello che può servire, Prove di schemi narrativi diversi. Tabelloni stile FBI con appunti, foto e annotazioni.  Magma creativo allo stato puro e impuro, insomma. A cui poi ad un certo punto comincio a dare una forma. Montando le diverse scene, cercando il ritmo, la melodia dentro le parole, nel ritmo delle frasi. Cerco la soundtrack del romanzo e la uso per creare l’atmosfera giusta. Nella fase finale del lavoro, scrosto la farfalla dal bozzolo e inizio a pulire, a togliere le impurità. E quando mi sembra ragionevolmente a posto. Stacco. Ripongo il tutto e lo lascio decantare qualche giorno. Per poi riprenderlo e ripulire ancora e ancora. Fino a quando non mi reputo soddisfatto. Allora, sempre con un ritardo spaventoso sui termini di consegna, che se non faccio tutto allo stremo, mica mi diverto: spedisco il lavoro all’editore.

Qual è il tuo libro a cui sei maggiormente legato, dove pensi di aver dato il meglio di te?

GN: Sono legato a tutti i miei lavori e in tutti ho messo interamente me stesso e anche di più. Quando scrivi con la necessità (interiore ed esteriore) di farlo. Allora diventa impossibile rinnegarne qualcuno. Né tantomeno prediligere un’opera rispetto a un’altra. Sono tutti frammenti di un puzzle narrativo che fanno parte dell’immenso romanzone che sto portando avanti. Tutte le mie storie sono collegate fra loro. Quindi servono in quanto tali.  Insomma: amo svisceratamente tutte le mie creaturine sante.

C’è un libro che hai letto che ti ha folgorato e che magari avresti voluto scrivere tu?

GN: Molti libri mi hanno folgorato. Ma nessuno mi ha mosso quel desiderio lì. Io sono io. Gli altri sono gli altri.

C’è un autore con cui ti piacerebbe scrivere un libro a quattro mani?

GN: Se gli autori hanno molta personalità, diventa difficile metterli assieme, in modo canonico per lo meno. Anni addietro però, avevo progettato un esperimento assieme al grande Alan D. Altieri. Una sorta di duello fra scrittori. Un romanzo scritto a quattro mani come se fosse appunto una sfida a colpi di parole. Un capitolo a testa con punti di vista diversi. Uno doveva portare avanti l’eroe e l’altro l’antagonista. Con un lavoro di editing incrociato, dove uno correggeva l’altro in modo da uniformare gli stili e mantenere la personalità di entrambi. Un esperimento interessante (dall’emblematico titolo di Duality) che poteva pure proseguire con nuove sfide fra altre coppie di autori. Poi per forza di cose non se ne è fatto nulla e il progetto è rimasto nel cassetto. Non è detto però che in futuro non possa essere intrapreso. Lancerò il guanto di sfida a qualche collega per vedere se accetta il regolar tenzone…

Hai già qualche nuovo progetto nel cassetto?

GN: Tanti progetti. Molti già in working project. Altri ancora a livello embrionale. Ho tante saghe da chiudere. Seguiti e prequel già pensati che spero di riuscire prima o poi a terminare.  Fra i tanti, scriverò in futuro un romanzo non di genere, ispirato alle mie vicende da musicista militante del mitico gruppo Assoluto Naturale. Per raccontare l’Italia rock dagli anni settanta ai giorni nostri. Il titolo sarà: Warriors.  Poi mi piacerebbe naturalmente scrivere un seguito di Bloodyline. Con un Alessio ormai diciottenne che entra in contatto con gli occhi di un nuovo assassino.

Ti ringrazio tantissimo per la tua disponibilità Gianfranco e, come tradizione di Giallo e Cucina ti chiedo di salutarci con una citazione e una ricetta che ami particolarmente!

GN: Come citazione: una frase dal film I‘m a legend: “illumina l’oscurità”. Perché è proprio quello che debbono cercare di fare gli artisti del mio tipo: esplorare la tenebra per trovare il cammino verso la luce, che sembra una frase pomposa ma che non lo è, e manco retorica, considerando tutte le zuccate che si danno durante il tragitto…

In quanto alla ricetta, mi piacerebbe darvi quella della ‘Gianbella’ di mamma Nerozzi, il dolce che mia madre prepara sempre quando vado ai simposi da Lucarelli con tutti gli altri scalmanati del nostro gruppo di scrittori bolognesi. Andrea Cotti, Giampiero Rigosi, Simona Vinci, Deborah Gambetta, Eraldo Baldini… Loro se la litigano tutte le volte, dal gran che è buona. Gli ingredienti però sono top secret…  Quindi mi sa che dovrete accontentarvi di quella di Bloodyline: are you ready to eat the book, amici di Giallo e Cucina?

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