a cura di Luigi Guicciardi
ÉMILE GABORIAU
“Compito del lettore è quello di scoprire l’assassino, compito dell’autore è quello di mettere fuori strada il lettore.” Potrebbe esser questa, a conti fatti, la prima definizione storica del mystery, il romanzo giallo classico, dovuta a Émile Gaboriau (1832-1873), padre di monsieur Lecoq, il secondo grande detective della narrativa dopo l’Auguste Dupin di Edgar Allan Poe. Eccentrico scrittore, questo Gaboriau: giunto al giornalismo dopo innumerevoli mestieri, e infine segretario di quel Paul Féval autore dei Misteri di Londra e di altri feuilleton di successo alla metà dell’Ottocento, Gaboriau cominciò la sua produzione sotto il segno del romanzo d’avventura, prima di conoscere un vecchio ispettore di polizia che pare lo abbia informato delle tecniche investigative allora in auge. Tecniche che dovettero essere molto illuminanti, se è vero che – attingendo per lo più a fatti di cronaca criminale-giudiziaria – lo scrittore cominciò da quel momento a ritagliarsi un posto d’onore nella storia della letteratura poliziesca.
Nella Francia dei quotidiani a tiratura altissima, grazie ai romanzi a puntate dei vari Sue, Féval, Ponson du Terrail o Montépin, neanche Gaboriau poteva sfuggire a tali modalità promozionali: e infatti il suo primo Giallo, L’affare Lerouge – ispirato dall’assassinio, rimasto inspiegato, di tale Cèlestine Lerouge – fu pubblicato su Le Pays nel corso del 1863 e ripubblicato su Le Soleil tre anni dopo, con un tale successo da orientare subito, nel segno del Giallo, le successive opzioni narrative di Gaboriau, da Il dramma d’Orcival e Il dossier 113, entrambi del 1867, a Monsieur Lecoq del 1869.
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