IL  TREDICESIMO  PASSEGGERO – Ghiannis Maris

TRAMA
Come milioni di altri immigrati, il greco Ambàzoglu parte per l’America nel 1942 con una nave da carico e senza un soldo in tasca. In pochi anni accumula un grande patrimonio che, alla sua morte, decide di lasciare ad alcuni sconosciuti. Chi sono costoro? Nel testamento spiega che la vecchia carretta con cui era partito dalla Grecia aveva fatto naufragio, e che lui e altri sette si erano salvati su una zattera. Questi compagni, o i loro diretti discendenti, saranno i suoi eredi. Ma quella che pare una grande fortuna, si trasforma in sciagura per questi beneficiari, che uno dopo l’altro vengono uccisi in modo misterioso. È uno di loro che sta rubando l’eredità a tutti gli altri? E chi è l’uomo in abito bianco e con occhiali spessi e i baffi che compare sulle scene dei delitti? A indagare è il commissario Bekas, uomo all’antica, pingue, sempre in giacca e cravatta anche con 39 gradi, ostinato come un mulo a cercare la verità. L’unico lusso per lui è leggere i giornali del mattino a letto mentre beve il caffè.

RECENSIONE  a cura di Todaro Edoardo

Anche il giallo ha il suo padre, il suo punto di riferimento. In Italia tale ruolo può essere addebitato ad Augusto De Angelis. In Grecia, a detta anche di autori come Petros Narkaris, è Ghiannis Marìs. Detto questo non potevamo non leggere il suo  “ Il tredicesimo passeggero “. In questo caso ci troviamo di fronte ad un vero e proprio giallo con il suo commissario e la sua indagine. Non abbiamo, come in seguito con Markaris, le descrizioni dei luoghi in cui la vicenda si svolge. Il commissario Bekas oltre alla caratteristica di leggere i giornali al mattino, e soprattutto a letto con il caffè, unico lusso in lavoro ingrato, un commissario che non è affatto un duro ma che con lo sguardo calmo ma determinato mette in difficoltà chi è sottoposto ad interrogatorio, ed un sospettato nervoso può essere d’aiuto;  ha l’ostinazione di cercare il “ qualcosa “,  il responsabile, la causa e quindi non si affida alle sensazioni, lui è metodico anche e soprattutto nelle indagini e non sottovaluta anche le piccole cose che possono sembrare insignificanti ma che in realtà assumono importanza.  Questa ostinazione è riscontrabile nel suo cercare di individuare l’uomo vestito di abito bianco, assassino razionale e diabolicamente astuto, e cosa unisce quest’ultimo con le morti, non accidentali,  che si susseguono, ed  una eredità che diviene maledetta oltre che misteriosa. Le persone uccise non si conoscono tra loro e quindi capire che tipo di rapporto hanno tra loro, e capire questo necessita di essere veloci perché gli eredi che sopravvivono diminuiscono velocemente, eredi che hanno di fronte a loro due variabili:  possibili assassinati o sospettati , capire tenendo in considerazione che dietro ogni delitto c’è chi ne può trarre beneficio. Non c’è un motivo ne uno scopo che ” giustifichi “ quanto accade . Accanto a Bekas, troviamo Makris un caporedattore ficcanaso ed alla ricerca dello scoop sensazionale e che attento alla vendita delle copie non disdegna di mettere in rilievo i morti e l’eredità maledetta rispetto al riacutizzarsi della guerra fredda, notizia che non attrae l’attenzione dell’opinione pubblica. Ciò che contraddistingue questo romanzo è la razionalità di Bekas, il suo qualcosa di matematico, anzi di algebrico. Bekas e una equazione irrisolvibile  che invece trova soluzione grazie alla sua determinazione nel non accettare di essere sconfitto .Romanzo incalzante che si fa leggere tutto di un fiato.

DETTAGLI

Pagine 178

Genere: giallo

Editore: CROCETTI

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