PALATO DA DETECTIVE SAPORI&DELITTI – IZZO E IL NOIR MEDITERRANEO

a cura di Paola Varalli.

È noto: parecchi tra gli investigatori letterari sono degli inguaribili epicurei.
Vien da pensare che sublimino con la buona tavola quel loro starsene in mezzo a crimini, furti e delinquenza in genere. E forse è proprio così. Prendiamo ad esempio Nero Wolfe, così raffinato da competere con il suo cuoco in una gara di ricette all’ultima forchetta. E che dire della moglie del commissario Kostas Charìtos, creato dalla penna di Petros Markaris? I Gemistà della signora Adriana pare siano un’apoteosi! Per non parlare di Manuel Vázquez Montalbán e delle sue Ricette Immorali o ancora dei manicaretti della signora Maigret che profumano di Alsazia e di spezie della campagna francese.
Insomma la lista è lunga e pian piano vedremo di darle un’occhiata insieme. Seguitemi che oggi andiamo a Marsiglia.

Jean Claude Izzo, grande autore marsigliese, quando è morto non aveva ancora compiuto cinquantacinque anni. La sua trilogia noir: Total Khéops (Casino totale), Chourmo e Solea (da un brano di Miles Davis) sono lo straordinario emblema del noir mediterraneo. Fabio Montale, il suo poliziotto (che poi diverrà ex) vive a Marsiglia, adora la sua città e tutto ciò che è meticcio, ama il mare, le spezie, l’aglio, il vino, e le donne.
In fondo è un uomo triste, introverso e tormentato, ma ha, per contro, un sorprendente gusto per la vita. Ex “ragazzo di strada”, ex poliziotto, Fabio Montale, come il suo autore è un uomo del sud e la cultura creola, spagnola, italiana lo affascinano. Apprezza che la gente si mischi, si annusi, si conosca, come accade nel multietnico bar di Hassan, tra i suoi luoghi preferiti.
Ma veniamo al cibo. Honorine è una vicina di casa settantenne che lo vizia con piatti tipici e dolciumi, trattandolo come un figlio. A volte lo sgrida, ma in fondo lo adora. Eccovi un brano tratto da Solea,l’ultimo straordinario romanzo della trilogia marsigliese:

Silenzio. Non avevo sonno. E avevo fame. In cucina Honorine mi aveva lasciato un biglietto. Appoggiato a un recipiente in terracotta dove faceva cuocere gli stufati e i ragù. “C’è la zuppa al pesto. È buona anche fredda. Mangiane un po’. Ti abbraccio forte”. In un piattino aveva lasciato il formaggio grattugiato. Indubbiamente ci sono mille modi di preparare la zuppa al pesto. A Marsiglia tutti dicevano: “Mia madre la fa così”, e dunque la cucinavano in modi diversi. Ogni volta un sapore diverso. A seconda delle verdure che venivano usate. Ma soprattutto a seconda di come erano stati dosati basilico e aglio, e della quantità di questi ingredienti che veniva aggiunta alla polpa dei pomodori sbollentati nell’acqua dove erano state cotte le verdure. Honorine riusciva a fare la migliore di tutte le zuppe al pesto. Fagioli bianchi e rossi, corallini, patate e maccheroni. Lasciava cuocere a fuoco lento per tutta la mattina. Dopo cominciava con il pesto. A pestare in un vecchio mortaio di legno l’aglio e le foglie di basilico. A quel punto non bisognava assolutamente disturbarla. “Ehi, se resti lì come una statua a guardarmi non riesco a fare niente”. Misi la pentola sul fuoco. La zuppa al pesto era ancora più buona se veniva riscaldata una o due volte. Accesi una sigaretta e mi versai un fondo di vino rosso di Bandol. 
Jean Claude Izzo, Solea,  Edizioni E/O, 1998

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