Oggi parliamo con… Roberto Mandracchia

Intervista a cura di Erika Carta

Diamo un caloroso benvenuto su Giallo e Cucina a Roberto Mandracchia, nato nel 1986 ad Agrigento, giovane scrittore di storie, anche per il cinema, la pubblicità e l’editoria scolastica.

La prima domanda che mi verrebbe da farti è: ma cosa c’è nel suolo di Sicilia che vi fa fiorire così?! 

Scherzi a parte, i tuoi primi due romanzi sono “Guida pratica al sabotaggio dell’esistenza” per Agenzia X e “Vita, morte e miracoli” per Baldini+Castoldi; e io, ho letto nel tempo di una notte e una mattina il tuo ultimo lavoro: “Don Chisciotte in Sicilia”, uscito nel luglio 2022 per Minimum fax.

Come si è evoluta la tua scrittura nel tempo?

Negli ultimi anni scrivendo cerco di badare più alla storia che sto raccontando, ai personaggi e alle loro parole e azioni (e omissioni) e meno a me stesso, al fatto che ho letto e ho studiato vari libri e pubblicati alcuni. Una sorta di difficilissimo esercizio zen che devo ancora perfezionare.

Quanto è importante per te, descrivere la tua terra? Non soltanto nei luoghi ma anche nei personaggi, nei dialoghi…?

Ne parlo perché mi sembra di riuscire a capirla un po’ di più o quantomeno avverto una spinta maggiore nel cercare di capire il posto dove mi è capitato di nascere e dove negli ultimi anni sono tornato. Ho vissuto tredici anni fuori dalla Sicilia (in città dove il mare non era all’orizzonte; un aspetto che oggi mi appare stravagante) e anche lì dove mi trovavo ho scritto le mie storie, certo, però va detto che le scintille dei miei romanzi, quindi delle mie storie più lunghe, sono sempre scoccate quando avevo i piedi ben piantati sulla mia isola.

Nella tua storia, Lillo Vasile, un professore di italiano in pensione e vedovo, si perde tra le pagine dei romanzi di Camilleri. Fino a quando non si perde del tutto, convincendosi di essere veramente il Commissario Montalbano.

Fermo restando che hai trattato un argomento delicato come quello dell’alzheimer e lo hai fatto in modo molto attento e tenero, quanto ti sei divertito nel creare questa realtà alterata, ricca di scene esilaranti, misteri  ed equivoci?

Se non mi diverto non scrivo. Riformulo: se non mi diverto almeno un po’, non riesco a finire una storia che ho iniziato a raccontare. Lo devo al me lettore e agli altri lettori, quando arriveranno, se arriveranno. Forse sono riuscito a trattare, come dici tu, in modo lieve un argomento delicato come quello del morbo di Alzheimer perché ne ha sofferto una persona a me cara, e questo è il motivo principale per il quale ho scritto questo romanzo, al di là dell’omaggio all’arte di Cervantes e di Camilleri.

E parliamo di Ousmane. Il fido Sancho Panza di questo tuo Don Chisciotte siciliano. Un personaggio che personalmente ho molto amato per la sua inconsapevole comicità ma anche per la bontà d’animo e la perseveranza. 

Raccontaci qualcosa di lui.  

Ousmane è un senegalese che vive in Sicilia con la sua famiglia e vende accessori da spiaggia andando in giro con una “lapa”, storpiatura del nome di un diffusissimo modello di motocarro. Casualmente viene scaraventato da Lillo Vasile/commissario Montalbano nella vicenda in qualità di sua fidata spalla, e quindi come ispettore Fazio. Ousmane, come il dottor Watson delle avventure di Sherlock Homes o l’Adso da Melk de “Il nome della rosa”, è anche il narratore della storia ed è il mio personaggio preferito perché, come Sancho Panza, è quello che nel corso del romanzo cambia, mentre Lillo Vasile, come Don Chisciotte, è più o meno imprigionato nella sua nuova ossessione identitaria. Ovviamente, strampalata avventura dopo strampalata avventura, quello che si viene a creare fra i due personaggi è una follia a due, come qualsiasi rapporto di amicizia, come qualsiasi innamoramento.

E infine una domanda, per sopperire alla curiosità che nasce sempre in me, quando parlo con uno scrittore o una scrittrice.

Quanto leggi e cosa leggi? Quali sono i libri che ti hanno appassionato da bambino, da giovane e da adulto?

Leggo una media di due libri a settimana: romanzi, raccolte di racconti, opere teatrali, saggi e fumetti. Leggo libri difficilmente classificabili in un genere ben specifico, ma anche gialli, thriller, noir, horror, fantascientifici e di spionaggio (pochi fantasy, devo dire, non amo particolarmente il fantasy in purezza).  Ho una predilizione per il genere western e allora Walter Van Tilburg Clark, Cormac McCharty e Larry McMurtry sono i primi scrittori che mi vengono in mente (sul versante dei fumetti: il sublime Ken Parker, Tex Willer, Magico Vento, Blueberry, Lucky Luke e il Cocco Bill di Jacovitti), ma il western che ho in testa io è qualcosa che abbraccia le storie rurali più disparate perché mi sembra di capire di cosa parlino (e quindi c’infilerei anche William Faulkner, Flannery O’Connor, Harper Lee, Mark Twain, Carson McCullers, James Crumley, Chris Offutt, il Joe R. Lansdale della serie “Hap&Leonard” e Chuck Kinder; per me alcune storie di Juan Rulfo o di Gabriel García Márquez o di Juan Carlos Onetti sono western o la terza, meravigliosa, parte de “I detective selvaggi” di Roberto Bolaño o “A sangue freddo” e “Bare intagliate a mano” di Truman Capote; ancora? “La banda Sacco” di  Andrea Camilleri è un western, non mi sorprende che Leonardo Sciascia abbia intitolato un suo racconto “Western di cose nostre” ed è un peccato che la sua collaborazione con Sergio Leone sia sfumata). Forse dovrei pensarci su più a lungo, ma sicuramente ci sono due storie che mi appassionano sin da quando ero bambino e sono “L’isola del tesoro” di Robert Louis Stevenson e “Robinson Crusoe” di Daniel Defoe; due storie con un’isola al centro della narrazione, guarda un po’ che coincidenza.

Roberto, sai che per Giallo e Cucina sono d’obbligo certe domande… golose!

Quindi ti chiedo: qual è il piatto preferito del tuo protagonista, di Lillo Vasile, “Don Chisciotte in Sicilia?”

Sono due: la pasta con i ricci di mare (mangiarla è sempre come starsene seduti su uno scoglio in una giornata di sole dell’infanzia) e quella con il pesce spada, le melanzane fritte, il pomodorino e la menta. Spesso, purtroppo, non ricorda di avere queste preferenze, ma sono ancora da qualche parte dentro di lui.

Grazie mille Roberto, per la storia che ci hai lasciato. E speriamo di scoprire presto cos’altro bolle in pentola! 

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