Oggi parliamo con… Grazia Verasani 

Intervista di Manuela Baldi

Grazia Verasani, è un’eclettica artista bolognese che meriterebbe, secondo me, una maggiore considerazione nel panorama artistico italiano. Cantautrice, autrice di testi per il teatro, doppiatrice, scrittrice. La sua produzione letteraria passa dai racconti ai libri. Il primo libro nel 1999 è “L’amore è un bar sempre aperto” Fernandel ed. Nel 2004 crea Giorgia Cantini, un’investigatrice privata che vive e opera a Bologna, dalla prima avventura dal titolo “Quo vadis baby?” edita da Colorado Noir di Mondadori viene tratto un film diretto da Gabriele Salvatores e poi girata anche una miniserie per SKY Cinema diretta da Guido Chiesa. Nel febbraio 2023 esce su Audible prodotto da Choramedia il podcast “Babylon Dahlia” da lei scritto e interpretato che consiglio vivamente.

Benvenuta su Giallo e Cucina Grazia Verasani!

1.MaBal – Grazia hai una frequentazione con l’Arte in molte sue forme. Hai frequentato l’Accademia di Arte Drammatica, hai recitato, hai scritto testi e musica, sei doppiatrice, come sei diventata scrittrice? Chi o cosa ti ha spinto in quella direzione?

G.V. Ho iniziato a scrivere molto presto, da bambina, racconti, spettacolini per le amiche di cortile. Ero una lettrice compulsiva, di conseguenza scrivere è venuto naturale. Dall’età di dieci anni tengo un diario, e oggi ho una caterva di quaderni che non so più dove mettere. Da ragazzina alternavo la scrittura allo studio del pianoforte, poi verso i vent’anni sono cominciate le prime pubblicazioni su riviste e quotidiani grazie a tre incontri magici: Tonino Guerra, Roberto Roversi e Gianni Celati.

2. MaBal – Recentemente è uscito su Audible, prodotto da Choramedia, il podcast “Babylon Dahlia” che hai scritto e interpretato, mi vuoi raccontare qualcosa di questo progetto?

G.V. Il progetto è nato con l’amico Tommaso De Lorenzis, lui mi ha proposto di lavorarci insieme e io ho accettato subito con entusiasmo. Ripercorrere la Bologna di quegli anni così unici, singolari, per la politica e la creatività, raffigurare quell’epoca irripetibile, nel bene e nel male, attraverso una figura così emblematica come Francesca Alinovi mi è sembrata una bella opportunità per omaggiarla nelle sue straordinarie competenze artistiche, ovviamente senza trascurare l’omicidio di cui purtroppo fu vittima, ma raccontandolo senza morbosità. 

3.MaBal  –   Sul  tuo profilo Facebook scrivi cose anche molto personali, le tue riflessioni non mi lasciano mai indifferente e ti sono anche molto grata per esporti scrivendo quello che pensi senza curarti della convenienza. Si parla spesso in modo negativo dei social, tu che esperienze stai facendo?

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Oggi parliamo con… Roberto Mandracchia

Intervista a cura di Erika Carta

Diamo un caloroso benvenuto su Giallo e Cucina a Roberto Mandracchia, nato nel 1986 ad Agrigento, giovane scrittore di storie, anche per il cinema, la pubblicità e l’editoria scolastica.

La prima domanda che mi verrebbe da farti è: ma cosa c’è nel suolo di Sicilia che vi fa fiorire così?! 

Scherzi a parte, i tuoi primi due romanzi sono “Guida pratica al sabotaggio dell’esistenza” per Agenzia X e “Vita, morte e miracoli” per Baldini+Castoldi; e io, ho letto nel tempo di una notte e una mattina il tuo ultimo lavoro: “Don Chisciotte in Sicilia”, uscito nel luglio 2022 per Minimum fax.

Come si è evoluta la tua scrittura nel tempo?

Negli ultimi anni scrivendo cerco di badare più alla storia che sto raccontando, ai personaggi e alle loro parole e azioni (e omissioni) e meno a me stesso, al fatto che ho letto e ho studiato vari libri e pubblicati alcuni. Una sorta di difficilissimo esercizio zen che devo ancora perfezionare.

Quanto è importante per te, descrivere la tua terra? Non soltanto nei luoghi ma anche nei personaggi, nei dialoghi…?

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Oggi parliamo con… Stefano Tura

Intervista di Manuela Baldi

Una doverosa precisazione, l’intervista è stata fatta telefonicamente, quindi per eventuali refusi la responsabilità è mia perché sbobinando la registrazione potrei essere incorsa in involontari errori.

Un caloroso benvenuto su Giallo e Cucina a Stefano Tura.

Stefano Tura, giornalista, scrittore, conduttore radiofonico, ha all’attivo una lunga carriera giornalista che lo ha portato ad occuparsi molto di cronaca nera, di guerra e di grandi avvenimenti nel mondo per la Rai. Dal 2006 al 2022 è stato corrispondente da Londra ed è in questa veste che la maggioranza di noi lo ha conosciuto. Da aprile 2022 ha assunto la direzione della sede Rai di Bologna. Da settembre 2022 ha iniziato una collaborazione con Rai Radio Uno con il programma domenicale Re Noir. Al suo attivo ha otto romanzi. È direttore artistico di Cesenatico Noir.

1.MaBal – Vorrei iniziare da Re Noir, perché hai deciso di proporre un programma radiofonico che si occupa di noir?

S.T.

L’idea di fare un programma radiofonico dedicato al giallo è la prima cosa che mi è venuta in mente nel momento in cui sono rientrato a Bologna, in Italia e ho assunto la direzione della sede Rai dell’Emilia Romagna. Oltre ad essere uno scrittore sono anche un giornalista e quindi ho pensato che la cosa migliore sarebbe stata subito una volta rientrato in Italia dal Regno Unito mettere a frutto questa possibilità di occuparmi di quelle che sono le mie due passioni praticamente. Ho parlato con il direttore del giornale radio di Radio Uno, Andrea Vianello, che tra l’altro conosco bene e so che è anche un grande appassionato di letteratura di genere, gliel’ho proposto, lui si è preso un po’ di tempo per pensarci, gli è piaciuto il progetto poi a luglio dello scorso anno mi ha dato il via libera, chiaramente l’unica condizione era che facessi tutto io, cioè me ne occupassi io completamente, sia nell’aspetto tecnico e quello organizzativo e dei testi. Ho accettato la sfida e sono ben contento anche perché su Radio Uno un programma di questo genere non c’era mai stato.

2. MaBal – Secondo te, chi legge è più portato/a ad ascoltare la radio?

S.T.

Sì, credo di sì. La radio è qualche cosa che arriva direttamente alla mente e al cuore perché non ha nessuna sovrastruttura non avendo le immagini non distrae chi la fruisce nel discorso del guardare insomma di osservare ma ascolta e basta e i sensi sono più sollecitati. Credo che un lettore sia molto più vicino a una radio che a una televisione o qualunque altro mezzo di comunicazione per cui ritengo che fare in radio un programma che si occupa di libri sia la perfetta soluzione tra questi due mondi.

3.MaBal  –  Come scegli gli/le ospiti per la trasmissione?

S.T.

Nella scelta degli ospiti per la trasmissione cerco sempre di avere possibilmente uno scrittore e una scrittrice e naturalmente anche uno scrittore collegato telefonicamente e uno presente in studio. Non sempre questo è possibile, naturalmente, ad esempio quando ho intervistato gli scrittori stranieri non c’era stata la possibilità né di averli in diretta anche solo telefonica né tanto meno in studio, quindi le interviste sono state registrate, parlo di Olivier Norek, Jeffery Deaver, Harlan Coben, che sono stati gli stranieri che finora ho avuto ospiti in trasmissione. Ma la scelta da un punto di vista diciamo di contenuti e di testi si basa sostanzialmente sulle novità letterarie degli autori ma non solo, anche su ciò che gli autori possono dire ai radioascoltatori in termini ad esempio dei luoghi in cui vivono, della società che raccontano di quello che attraverso le loro opere vogliono trasmettere ai lettori, quindi sono interviste che non si basano solo sui libri e sulle loro ultime uscite ma anche sulla loro visione di scrittori.

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Oggi parliamo con… Éric Fouassier

Intervista a cura di Marianna Di Felice

Ringrazio tantissimo l’autore Éric Fouassier che ha concesso un’intervista per Giallo e Cucina dopo pochi mesi dall’uscita del suo primo libro in Italia. Professore universitario, membro dell’Accademia Nazionale di Farmacia e Cavaliere della Legion d’Onore Éric Fouassier, in libreria con “L’ufficio degli affari occulti” edito Neri Pozza,  svelerà qualche curiosità riguardo il primo romanzo di una serie che ha come protagonista l’ispettore Valentin Verne.
Un romanzo ricco di tematiche importanti e interessanti come ad esempio il problema dei bambini e dei ragazzini figli di nessuno che vengono rapiti e iniziati al commercio del corpo. Le perversioni non erano nuove, ma sembra che tra l’Ottocento e il Novecento si siano scoperte al mondo. Nel suo romanzo Valentin si scontra con quel mondo mentre insegue qualcuno che sembra un’ombra. Perché ha scelto proprio questo argomento?

La monarchia di luglio corrisponde all’arrivo al potere dell’alta finanza. I primi due capi di governo di Luigi Filippo saranno grandi banchieri. È un momento di rottura tra il grande capitale e il mondo del lavoro. L’inizio della rivoluzione industriale e la meccanizzazione di un certo numero di mansioni porterà all’impoverimento degli operai e dei piccoli artigiani, il che spiega le numerose rivolte che segnano l’inizio del regno. Molti lavoratori non possono più sfamare le loro famiglie ei bambini sono spesso lasciati a se stessi per strada. Si pensi al celebre Gavroche di Victor Hugo, il cui romanzo “I miserabili” è ambientato proprio in questo periodo. Questi bambini abbandonati erano facili prede per i predatori sessuali. È questo particolare contesto che ha ispirato una delle due trame di “Office of Occult Affairs”.

Nella narrazione c’è come protagonista la figura poco empatica, quasi ambigua di Valentin, personaggio che sarà una sorpresa per il lettore, che muovendosi per le sue indagini si imbatte nei problemi causati dalla Rivoluzione di Luglio che pone sul trono Luigi Filippo d’Orléans e depone Carlo X attraverso la rivoluzione e le barricate. Perché ha scelto proprio questa base storica per il suo romanzo?

Non credo che Valentin sia del tutto antipatico. È piuttosto ambiguo. Fa della lotta contro il Male una vera e propria ricerca che persegue da solo, un po’ come un monaco-soldato. All’improvviso, per raggiungere i suoi obiettivi, è pronto a tutto, anche ad andare oltre il rigoroso rispetto della legge e a mostrare lui stesso la violenza. Se ho scelto di situare l’azione del romanzo in questo momento, è perché corrisponde a una svolta nella storia della polizia. Si va dalla polizia delle confessioni e del flagranza del reato incarnata dal famoso Vidocq alla polizia delle prove incarnata da Valentin. Ciò è reso possibile dai numerosi progressi scientifici dell’epoca. Ecco un’altra cosa che mi ha attratto: l’inizio del XIX secolo è stato caratterizzato sia da sorprendenti progressi scientifici, ma anche, paradossalmente, da uno spiccato gusto per l’occulto e l’irrazionale (spiritismo, paradisi artificiali, orientalismo…). E poi è anche un’epoca che ha molte somiglianze con la nostra e che può parlare a un lettore contemporaneo: violenza di strada, instabilità politica, crisi sociali, sviluppo del femminismo in Francia…

Ne L’ufficio degli affari occulti ci si imbatte nel grave problema della follia o comunque dei problemi mentali, lievi e non, che alcuni soggetti mostrano di avere. Scorrendo le pagine del libro si possono leggere le varie teorie usate per curare le persone o per tentare di farlo, tra queste c’è quella del padre dell’ipnosi, James Braid, prima dell’arrivo di Freud! Anche questo era un problema spinoso e nel libro si spiegano i vari metodi usati per tentare di curarlo. Questo argomento vuole essere una critica alla superficialità e agli interessi che erano più importanti delle condizioni dei pazienti?

Tutti gli amanti dei romanzi storici non cercano solo una buona trama, ma vogliono anche saperne di più sul passato. Uno degli obiettivi che mi sono prefissato è educarli divertendoli. Trovo interessante vedere come certe malattie sono state affrontate in passato. Inoltre, ho appena finito di scrivere la terza inchiesta di Valentin che si svolge durante la grande epidemia di colera che ha devastato Parigi nel 1832 e i lettori di questo nuovo romanzo saranno senza dubbio sorpresi nel vedere quanto questo episodio presenti somiglianze con la pandemia di COVID che abbiamo vissuto negli ultimi anni… eppure sono passati più di due secoli da allora!

Lei è membro dell’Accademia Nazionale di Farmacia, L’ispirazione per l’interesse di Valentin nei confronti della farmacia e l’ideazione del personaggio di Joseph Pellettier son venute dal fatto che lei è membro dell’Accademia Nazionale di Farmacia? Ha come preso posto nel suo romanzo sotto le spoglie di Pellettier?

Inevitabilmente troviamo in quasi tutti i miei thriller storici riferimenti alla storia della medicina e della farmacia. Ma in verità, quello che metto di me stesso nei miei personaggi mi sfugge un po’. Questo accade senza che me ne renda conto. In realtà, è stato uno dei primi lettori de “L’ufficio degli affari occulti” a farmi notare che avevo dato a Valentin un percorso universitario identico al mio, dato che aveva studiato farmacia prima di laurearsi in giurisprudenza (io stesso ho conseguito successivamente un dottorato in entrambe le sue due discipline). Beh, per quanto incredibile possa sembrare, non me ne sono nemmeno reso conto finché non me l’ha fatto notare!

Come ho già detto Valentin è un personaggio decisamente complesso, quasi ostico, ma che conquista il cuore del lettore. Come può descriverlo senza svelare nulla della trama del suo romanzo? Cosa rappresenta il suo personaggio?

Valentin è puro, intelligente, colto, ma anche torturato dai suoi demoni interiori. Lo vedo un po’ come uno Sherlock Holmes dal sangue caldo. Si lascia guidare tanto dai suoi sentimenti e dalle sue emozioni quanto dalla sua ragione, anche se l’eroe di Conan Doyle mi appare soprattutto come un cerebrale, quasi disincarnato.

Oggi parliamo con… Carmelo Pecora

Intervista di Manuela Baldi

Un caloroso benvenuto su Giallo e Cucina a Carmelo Pecora.

Sono due le più recenti uscite in ordine cronologico sono: “Che pacchia ragazzi, storie dis-umane” per Damster ed. e “Interroghiamo il sospettato” scritto a quattro mani con Andrea Cotti per Laurana Editore.

1.MaBal – Carmelo iniziamo dagli esordi, racconti di fatti reali, vere e proprie denunce sociali, che ben si prestano a recital, cosa ti porta a quel tipo di scrittura? Cos’era scattato in te?

C.P. Se solo 20 anni fa mi avessero predetto che sarei diventato un autore, avrei consigliato a colui che faceva questa affermazione di cambiare mestiere perché come preveggente non avrebbe avuto futuro. Io non nasco “scrittore” e non credo lo sarò mai nell’accezione più alta del termine. Mi piace definirmi un “narratore” questo sì. La mia è una scrittura “semplice” senza tanti paroloni e termini incomprensibili, il tutto perché mi piace arrivare ai giovani che, alle prime esperienze di lettura, cercano un linguaggio scorrevole per non annoiarsi. Cos’era scattato in me? La curiosità e il mettermi in gioco, spinto dalle parole di Andrea Cotti che un giorno mi disse: “Tu le storie le hai vissute, non hai necessità di inventare nulla…” Ed io le storie con la S maiuscola le avevo davvero vissute: Iniziai con raccontare di una mia  “fuga” per andare in America ad appena 12 anni (tra qualche mese uscirà un cortometraggio tratto da quello che è stato il mio primo libro) per poi, da Poliziotto, passare al ritrovamento del corpo dell’Onorevole Aldo Moro quel 9 maggio del 78, al fatto di aver ascoltato quello stesso giorno la notizia della morte di Peppino Impastato, all’abbattimento dell’aereo di Ustica, allo scoppio della bomba alla Stazione di Bologna, alla vicenda della Uno Bianca. Insomma, con il tempo avevo immagazzinato tante emozioni e le tenevo in un angolo della mia mente, mai avrei immaginato di poterle raccontare ai lettori.

2. MaBAl –  So che per questo tipo di scritti ti sei documentato minuziosamente, hai scoperto cose che non sapevi? Hai mai avuto la voglia di mollare tutto, magari sopraffatto da quanto leggevi/scoprivi?

C.P. E’ vero, le storie che ho raccontato, oltre che da fatti realmente vissuti in prima persona, si sono basate su ricerche molto attente. Per i fatti più eclatanti  ho chiesto sempre l’autorizzazione e la consulenza delle Associazioni che rappresentavano i familiari delle vittime e, in diverse occasioni, sono andato personalmente ad ascoltare i parenti. Insomma “ho letto le carte” e questo molte volte mi ha portato ad una sofferenza umana che nemmeno immaginavo. Due esempi: raccontare la storia di Antonino Greco, mio collega, amico e siciliano come me, che si trovava a bordo dell’aereo esploso sopra il cielo di Ustica, attraverso la famiglia che mi ha ospitato nella sua casa di Palermo, mettendo a mia disposizione la loro vita e quella di “Tonino”  è stato  un momento emotivo davvero forte. Entrare poi nella storia della Uno Bianca, attraverso i documenti letti con meticolosità, dopo che anni prima avevo avuto la delusione più grande che un Poliziotto potesse provare, quella di  scoprire che la Banda era composta nella quasi totalità dai propri “colleghi” e che tra le varie attività compiute, essendo alla Scientifica, prendere le impronte a qualcuno che consideravi un “amico”, è stato come vivere due volte quel dramma. La lettura che, di giorno in giorno metteva in evidenza la violenza del gruppo, e che, in tanti, sembrava non vedessero (o non volessero vedere) insieme ad una conclusione della storia non conforme alle “dichiarazioni ufficiali” mi hanno convinto che quelle storie andavano raccontate senza tentennamenti.

3.MaBal  Prosegui per un po’ con lo stesso genere perché diciamocelo, in Italia non mancano gli spunti, diventi un personaggio letterario nei libri che Andrea Cotti scrive con protagonista Luca Wu, poi però scatta qualcosa, o meglio, omaggi i tuoi compagni della squadra di calcio nella quale giochi, con un giallo che li vede coinvolti, ti aspettavi che piacesse anche agli altri lettori?

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Oggi parliamo con… Mauro Zanetti

Intervista di Manuela Baldi

Ho il piacere di dare il benvenuto su Giallo e Cucina a Mauro Zanetti. autore di : “Tracce parallele”, “La belva di Garait”, “I fili del mondo” tutti usciti con la casa editrice  Nulla Die.

1.MaBal  – Mauro vuoi dirci chi sei e come inizi a scrivere?

M.Z.  Sono un insegnante di Trento, laureato in lettere e filosofia con una tesi in storia del Trentino. Scrivo da sempre, sin da ragazzino è stato un mio modo per comunicare a me stesso e agli altri pensieri, emozioni e stati d’animo. All’università ho iniziato a prendere in considerazione l’idea di farne qualcosa di più e così ho partecipato a qualche concorso letterario con dei racconti brevi. Poi, un po’ alla volta, è iniziata l’avventura dei romanzi.

2.MaBal  Fino ad ora sono usciti tre libri, diversi fra loro come genere e stile, come scegli le storie da raccontare?

M.Z. I primi romanzi sono due noir mentre il terzo è un libro storico sempre però venato di mistero e colpi di scena, in realtà credo che lo stile sia lo stesso in quanto la mia propensione da lettore verso le storie noir e verso i racconti storici si riflette poi nelle mie scelte da scrittore. Le trame nascono spesso da un episodio contingente, non necessariamente importante o grandioso ma che mi colpisce per qualche motivo, sul quale poi ricamo con la fantasia una trama che cerco di rendere il più avvincente possibile.

3.MaBal – Seguendoti sui social, so che per te l’ambientazione è importante, vuoi spiegare a chi ci legge perché?

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Oggi parliamo con… Claudia Lerro

Le indagini di Lolita Lobosco

Intervista a cura di Dario Brunetti

Diamo un caloroso benvenuto a Claudia Lerro, attrice coratina che nella serie televisiva, Le indagini di Lolita Lobosco interpreta Porzia Forte moglie di Antonio Forte interpretato stretto collaboratore di Lolita, interpretato da Giovanni Ludeno, DB T i ringrazio Claudia a nome del blog Giallo e Cucina per aver accettato il nostro invito e partiamo subito con la prima domanda: dopo esperienze cinematografiche e teatrali di cui parleremo in seguito, Le indagini di Lolita Lobosco è una serie televisiva che sta riscuotendo un enorme successo come hai vissuto questo grande risultato e quanto è stato fondamentale il lavoro di squadra?

CL Un’attrice di teatro sa che se un lavoro ha successo, è sempre merito della squadra. Come si dice? Non esistono piccoli ruoli, ma solo piccoli attori. Ogni personaggio è fondamentale perché l’intero disegno prenda forma! Assaporo questo successo con grande gioia e gratitudine. Mi capita di essere fermata per strada da persone innamorate della fiction e anche del personaggio di Porzia. Non posso che essere felice.

DB Interpreti Porzia moglie di Antonio, nella prima serie la vediamo nutrire un forte senso di gelosia nei confronti del marito, invaghito di Lolita sin dai tempi dell’università e attraverso la terapia di coppia cercheranno di trovare la loro felicità, con leggerezza e ironia si affronta una tematica che purtroppo destabilizza molte coppie, nella seconda invece Porzia intraprende gli studi e rientra il conflitto con Antonio che deve assumersi le responsabilità di padre, cercando di avere la gestione della casa. Quanto è difficile al giorno d’oggi essere moglie e madre, inoltre Porzia può essere l’esempio di tante donne che vogliono trovare la loro indipendenza e cercare di realizzare i propri sogni, questa decisione crea spigolosità nei rapporti di coppia e in che modo può essere affrontata secondo te?

CL Purtroppo, essere moglie e madre e contemporaneamente, essere donne in carriera e di successo è ancora difficile. Non impossibile, esistono esempi virtuosi. Ma c’è ancora molto da fare in tante direzioni: superare l’idea che la vita della donna abbia senso e valore solo nella maternità e nella famiglia; superare l’idea che sia la donna a dover poter avanti la gestione della casa e l’educazione dei figli; pensare a delle politiche di sostegno più concreto alla maternità e alla genitorialità in genere e molto altro. Penso davvero che ormai i tempi siano maturi per portare avanti questo auspicabile cambiamento. Occorre parlarsi, nella coppia. Mettere fuori i propri sogni, le proprie paure. Chiedersi aiuto a vicenda. Purtroppo, forse, anche per l’uomo non è facile definire con chiarezza il proprio nuovo ruolo che è sicuramente diverso dalle famiglie di una volta ma che non è ancora totalmente chiaro. Occorre parlarsi ed educare le nuove generazioni ad una assoluta parità di genere, pur considerando e valorizzando le meravigliose differenze che caratterizzano uomini e donne.

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OGGI PARLIAMO CON…Stefano Cirri

Intervista a cura di Gino Campaner

Ciao Stefano, benvenuto nello spazio interviste del blog Giallo e cucina. Grazie per aver accettato il nostro invito. E’ la prima volta che ho il piacere di dialogare con te. Sono contento di questa opportunità perché credo tu abbia le potenzialità per diventare un ottimo scrittore. I tuoi romanzi ti hanno già dato grandi soddisfazioni ma la tua “carriera” è solo agli inizi e ci sono tutti i presupposti per continuare a migliorare. Approfitterò di questa occasione per torturarti un po’ con varie domande sulle tue abitudini in campo letterario, oltre, ovviamente, a parlare dei tuoi libri.

Inizierei con la domanda più ovvia, quella della presentazione. Quando sei nato e dove vivi, cosa fai nella vita oltre a scrivere? Dicci un po’ di te.

Ciao Gino, ringrazio te e il blog per l’opportunità, è un grande piacere anche per me. Che dire? Sono nato nel lontano 1976 a Firenze e da Firenze non mi sono mai mosso! Ho assistito impotente all’ormai famoso scudetto ‘rubato’ della stagione 81-82 e come se non bastasse anche alla finale di coppa UEFA del 1990 ad Avellino. E non mi sono mai ripreso, da allora! Tuttavia, provando a farmene una ragione, sono andato avanti nella vita e dopo un modesto quinquennio al liceo scientifico mi sono iscritto a scienze naturali senza però mai laurearmi. Nel frattempo ho lavorato in una cooperativa di solidarietà sociale – esperienza che mi ha formato tantissimo e di cui parlo nel mio terzo libro ‘Le otto sagome’ – poi ho fatto il praticantato in uno studio di consulenza del lavoro fino all’esame di stato che mi ha portato ad essere Consulente del Lavoro. Una professione che peraltro porto avanti ancora oggi. Sono stato un buon pallavolista, seppure dal basso dei miei 179 centimetri. Sono stato un discreto chitarrista, sia classico sia metal. Mi sono appassionato all’arte della lavorazione del legno a tal punto che in tanti mi credono un falegname, anziché un Consulente del Lavoro. Ho una splendida moglie, tre cani e due cavalli.

Come mai e quando hai deciso di iniziare a scrivere?

Ritengo fondamentale la ‘parentesi’ artistica che mi si è aperta all’improvviso intorno ai vent’anni, quando avevo una fantasia molto accesa e la voglia reale di diventare uno scrittore a ogni costo. Ho buttato giù storie in uno stile improponibile, ma con contenuti interessanti. E ciò che ho prodotto ormai 26 anni fa è rimasto nel disco rigido del mio vecchio PC, per poi passare di computer in computer fino a una sera del gennaio 2018, quando – rileggendo quelle vecchie annotazioni – non mi è venuta l’ispirazione decisiva. Sono partito a scrivere e non mi sono più fermato. Il periodo che va dall’inizio 2018 all’estate del 2020 è stato strategico, perché in quel lasso di tempo ho scritto praticamente tutti i libri che ad oggi sono stati pubblicati. Per lo meno nella loro prima stesura.

Oltre a scrivere sei anche un lettore? Hai un genere preferito? 

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Oggi parliamo con… Alessandro Reali

Intervista a cura di Dario Brunetti

DB- Diamo un caloroso benvenuto su Giallo e Cucina ad Alessandro Reali, in libreria col suo romanzo edito Fratelli Frilli. Sul Naviglio si uccide così, e partiamo subito con la prima domanda, questa nuova serie dedicata al commissario Caronte è ambientata nella Milano anni 60 dove prende piede la criminalità organizzata, specializzata soprattutto in furti e rapine, ci descrivi questo personaggio e che ricordo hai di quegli anni seppur eri piuttosto piccolo, ci sveleresti qualche aneddoto?

A R- Buongiorno e grazie dell’invito, a te e a a tutti gli amici di Giallo e Cucina. In effetti io, essendo nato nel 1966, non posso ricordare direttamente il periodo storico di cui parlo. La decisione di raccontare quella Milano, però, è dovuta all’interesse che ho sempre avuto, sia per la città che per il periodo storico. Interesse dovuto prima di tutto ai racconti di mio padre, scultore, che frequentava Brera, ai dischi di Gaber, Svampa e Jannacci che ascoltava, ai libri che in seguito ho letto, in particolare il Ponte della Ghisolfa di Testori (da cui Visconti ha tratto il magnifico Rocco e i Suoi Fratelli, dramma di una famiglia povera proveniente dal sud) prima di incontrare il grande Scerbanenco con le sue storie nere milanesi. Caronte nasce in questo contesto. L’idea l’avevo in testa da molti anni. Il personaggio doveva essere un figlio del popolo vagamente somigliante a Jean Gabin, burbero e deciso, appassionato di calcio, frequentatore di giornalisti eccentrici in osterie e cabaret, con amici nella vecchia malavita meneghina: la ligera, quindi in antitesi con l’immagine classica del poliziotto (soprattutto nell’Italia di allora), in contrasto perenne con i suoi superiori. A fargli da specchio, in un certo senso, c’è la sua fidanzata, Luisella, libraia elegante e colta, figlia della buona borghesia progressista milanese, che fin dall’ottocento ha significato molto per lo sviluppo della città e non solo.   

DB Sul Naviglio si uccide così è ambientato nella Milano anni 66 dove si sviluppa la microcriminalità nelle zone di Lambrate, Giambellino, Quarto Oggiaro che le sarà attribuito il nome di Ligera, inoltre vi è la prostituzione nelle case di tolleranza e la protagonista di questa storia è Betty, una ragazza caduta nel mondo della droga, hai tratteggiato alla perfezione questo personaggio che emozione hai provato nel raccontarci questa storia che appartiene a una delle tante pagine della cronaca nera?

AR- Per scrivere questa storia (come faccio sempre) mi sono documentato sui giornali dell’epoca e sui libri riguardanti il tema. Se, nel Giallo della valigia di Piazzale Lodi, mi ero concentrato sui movimenti politici che hanno segnato tragicamente gli anni 60 e 70 del 900, qui mi dedico alla criminalità che muta irreversibilmente. La figura di Betty possiamo avvicinarla a certi personaggi di Scerbanenco. E’tragica e disperata al tempo stesso. Persevera nei suoi errori perché sopraffatta dal dolore mentale, da cui fugge attraverso la droga. Spero di averla raccontata nel tono giusto. In quegli anni, in seguito alla legge Merlin, le case chiuse ufficiali sparirono, ma ovviamente non smisero di esistere. Le professioniste si riversarono in strada, oppure in appartamenti privati spesso gestiti dalla nuova malavita. Molte ragazze provenienti da ambienti diversi, negli anni del boom, si dedicarono al mestiere più antico del mondo pensando di fare fortuna in fretta, finendo spesso in gorghi da cui non sarebbero più uscite.

DB un altro personaggio ben caratterizzato è la figura di Rita Perbellini, una donna molto bella dalla doppia identità, un’altra figura enigmatica che troverà la morte. Ci descriveresti questo personaggio?

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Oggi parliamo con… Cinzia Bomoll

Autrice del romanzo La ragazza che non c’era e regista del film La California

Intervista a cura di Dario Brunetti

Diamo un caloroso benvenuto su Giallo e Cucina alla scrittrice, regista e produttrice cinematografica Cinzia Bomoll, in libreria col romanzo La ragazza che non c’era e al cinema con La California, si può dire che questo 2022 sia stato un anno intenso e pieno di soddisfazioni, si tratta di un esordio nel giallo e di un ritorno al cinema con un lungometraggio, ci parleresti di queste due tue creature, come nascono?

Il 2022 è stato un anno molto significativo. perché è uscito il mio film La California nelle sale cinematografiche e per la casa editrice Ponte alle Grazie è uscito il mio primo giallo dal titolo La ragazza che non c’era. Un anno sicuramente pieno di soddisfazioni, sia creative che produttive, forse non a caso sono uscite a due anni dalla pandemia, due anni di chiusura sociale. Il romanzo è stato da me realizzato in pochi mesi ed è stato un record rispetto agli altri di diverso genere letterario, qui sono riuscita a concentrare sia il tempo che le energie proprio perché ne avevo di più e ho cercato di reagire dal punto di vista creativo sia nell’anno prima che in quello successivo con la realizzazione e l’uscita del film. Nel mio carattere sono molto reattiva e cerco di trasformare gli eventi negativi in positivi.

La ragazza che non c’era vede l’esordio dell’ispettrice Nives Bonora, una ragazza coraggiosa e al tempo stesso ribelle con una voglia di riscatto e che ha un rapporto spigoloso con il padre, ci descriveresti ulteriormente questo personaggio?

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