Rubrica “Palato da detective”, n° 20 : UN DELITTO, NON ASSAGGIARLA (L’oste-detective di Filippo Venturi: ossequio alla tradizione bolognese e fiuto investigativo)

Articolo di Giusy Giulianini

Basta leggere i titoli delle black comedy che Filippo Venturi ha fin qui dedicato al suo oste-detective, Emilio Zucchini, per cogliere al volo la “poetica” di questo scrittore, brillante, estroso e per nulla superficiale.

(Fig.1 – Filippo Venturi e i suoi romanzi)

Un autore crime, ristoratore lui stesso e convinto paladino della classica cucina bolognese, non avrebbe potuto scegliere intestazioni più azzeccate per i suoi primi tre romanzi (Fig.1 – Filippo Venturi e i suoi romanzi). Ecco dunque sfilare Il tortellino muore nel brodo (e giammai nella panna o nel ragù, figuriamoci nel pomodoro), Gli spaghetti alla bolognese non esistono (“un’invenzione internazionale, meglio un complotto!”), È l’umido che ammazza (e non solo quello degli intingoli).

Titoli-manifesto per una serie briosa e intelligente che ha per protagonista un calzante “doppio” di Venturi stesso: Emilio Zucchini che, infatti, è oste come lui e come lui titolare di una trattoria. Anche se, a voler essere precisi, il nostro scrittore lo batte due a uno perché oltre al ristorante gestisce anche un bistrò.

 E pensate che alla bolognesità di Emilio Zucchini non gli va giù neppure il soprannome che gli hanno affibbiato, “Zucca”, perché richiama troppo un fondamentale ingrediente della gastronomia ferrarese. Anche se si rende conto, pur a malincuore, che «mica potevano soprannominarlo “ripieno di tortellini”».

Al pari del locale di Venturi, anche quello di Zucchini

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Rubrica “Palato da detective”, n° 12

Articolo di Giusy Giulianini

MARTIN WALKER E IL COMMISSARIO GOURMET

In Périgord tra delitti e ricette

Martin Walker, scrittore, storico e giornalista politico, era alla Casa Bianca per intervistare il presidente Clinton quando ricevette da sua moglie una telefonata entusiasta. Gli annunciava di aver trovato la casa dei loro sogni, in Périgord, quella pittoresca regione del sud-ovest francese che gli stessi cugini d’Oltralpe indicano come la più intatta del loro territorio nazionale. I coniugi Walker, durante una vacanza, si erano a tal punto innamorati di quel lembo di terra di panorami mozzafiato, genti cortesi e cucina rinomata, da voler trascorrere là più tempo possibile.  Foreste, montagne, morbide colline, vigneti, pascoli, fiumi dal corso sinuoso, architetture suggestive, facevano di quella douce France un luogo perfetto per  ritornarvi sempre più spesso.

Fig.1 – I mondi di Martin Walker

Oggi lo scozzese Martin Walker, dopo essere stato corrispondente estero di The Guardian in USA, URSS, Europa, divide equamente il suo tempo tra Washington D.C. e il Périgord, alternando la sua professione di giornalista politico a quella di narratore delle inchieste del commissario Bruno Courrèges (Fig.1 – I mondi di Martin Walker). “Ero molto attratto dalla dolcezza della vita e dall’ottimo cibo”, racconta infatti Walker “ e mi sono detto che dovevo scrivere di quel piccolo angolo di paradiso”.

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Rubrica “Palato da detective”, n° 11 – LA CUOCA-INVESTIGATRICE E IL GOTICO PADANO

Articolo di Giusy Giulianini

LA CUOCA-INVESTIGATRICE E IL GOTICO PADANO

Giuseppe Pederiali e la sua Matilde Messi: ricette, leggende e delitti

 

Nella tradizione contadina di molte regioni italiane il termine “fola” indicava un racconto fantastico che, nelle lunghe serate invernali, gli anziani narravano ai bambini seduti in cerchio accanto al focolare, l’unico luogo in cui il calore della fiamma riusciva a vincere gli spifferi dei gelidi casolari. Erano racconti popolati di streghe e animali fantastici, nei quali miti e leggende si fondevano con le ballate popolari che i cantastorie portavano di paese in paese, spesso colorati di elementi orrorifici, allo scopo di incutere ai più piccoli un educativo terrore che li mettesse in guardia contro ogni sorta di pericoli.

Fig.1.La serie de l’Osteria della fola

Anche la nostra Bassa emiliana, quel lembo di Pianura Padana steso lungo il corso del Po, è ricca di fole, bagaglio culturale cui molti scrittori e qualche regista hanno attinto con mano generosa. Basti pensare a Pupi Avati, maestro del gotico padano, per sua stessa ammissione fortemente suggestionato dai racconti paurosi della nonna, mai dimenticati e anzi tradotti nel suo cinema più apprezzato, da La casa dalle finestre che ridono (1976) a Il Signor Diavolo (2019), a dimostrazione del fatto che la campagna più profonda custodisce una dimensione magica e lugubre al tempo stesso e che “nella cultura contadina il diverso, il deforme vengono associati al demonio”, come afferma appunto uno dei personaggi del suo più recente lungometraggio.

E di quel gotico padano anche Giuseppe Pederiali, il versatile scrittore finalese scomparso nel 2013, mostra di aver assorbito tutti gli umori, soprattutto nella raccolta di sei racconti de L’Osteria della fola (Garzanti, 2003) e nel romanzo postumo La setta dei golosi (Garzanti, 2016), che in quell’osteria ha il suo epicentro narrativo

(Fig.1 – La serie dell’Osteria della fola). Negli uni e nell’altro la Bassa tra le province di Modena, Reggio, Bologna e Ferrara si svela contrada lunatica e terragna che ben si addice a una stirpe di uomini che sa «tenere i piedi bene dentro la propria terra e la testa tra le nuvole, magari fino a sfiorare la luna». Uomini, donne e animali, bizzarri tutti, grotteschi e carnali, irriverenti e teneri, nostalgici e perfidi, danno voce a un coro inusuale ma veritiero, fantastico eppure riconoscibilissimo. E godibile, a ogni pagina di Pederiali che ne è appassionato cantore.

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Rubrica “Palato da detective”, n°9 – DA CHEF S’INDAGA MEGLIO. Al ristorante o in agenzia investigativa?

Articolo di Giusy Giulianini

 

Alzi la mano chi ha il coraggio di negare che gli chef, stellati o meno, telegenici in varia misura, amichevoli o marziali, sono i nuovi divi dei nostri giorni. Dalle loro ipertecnologiche cucine, dagli schermi televisivi o dalle pagine patinate dei rotocalchi dispensano ai comuni mortali imperativi categorici su qualità, quantità e preparazione del nostro cibo quotidiano. La loro parola è legge e noi, in riverente branco, corriamo a farci rapinare nei loro sacri templi.

Fioriscono sempre nuove filosofie nutritive, che si affiancano ai precetti alimentari di molte religioni. E, anche se presso numerose culture cibi particolari sono associati al rito della commemorazione dei defunti, è comunque universalmente riconosciuto il ruolo insostituibile del cibo nello scacciare l’idea della morte e dunque il suo valore consolatorio.

Sarà per queste ragioni che, da qualche anno, gli chef sono diventati protagonisti anche della scena narrativa e cinematografica? L’estensione del fenomeno parrebbe confermare l’ipotesi, almeno per quanto riguarda il genere light crime, ovvero il racconto d’indagine che si apre spesso al sorriso.

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Rubrica “Palato da detective”, n° 8 NE UCCIDE PIÙ LA GOLA

 

Articolo di Enrico Luceri

 

Achille van Golk è l’eccentrico, esigente, infallibile editore e direttore della rivista londinese di alta arte culinaria Lucullus. Un uomo di gusti raffinati, che ha appena avuto l’onore di organizzare un pranzo di gala nientemeno che a Buckingham Palace. Un privilegio che ha dimostrato di meritare reclutando i quattro chef internazionali in grado di cucinare per la corte inglese un menù all’altezza della situazione: il piccione in crosta del tedesco Ludwig Kohner, l’aragosta dell’italiano Antonio “Nutti” Fenegretti, l’anatra pressata del francese Jean-Claude Moulineax, e come dessert la rinomata Bombe Richelieu della canadese Natascha O’Brien.

Appare stravagante e quasi improbabile che un simile gourmet sia proprio britannico, visto che la sua terra non possiede la tradizione gastronomica, per dire, di Italia e Francia, ma tant’è. Può accadere più facilmente se si tratta di un romanzo, anzi di una ricca e godibile pietanza narrativa scritta dalla coppia di autori americani Nan e Ivan Lyons, moglie e marito nella vita, e servita sulla tavola apparecchiata dei lettori con ineccepibile garbo.

Pubblicato in Italia da Sonzogno nel 1978 con il titolo Cadaveri su piatti di classe (in originale, Someone is killing the great chefs of Europe), il romanzo è una divertente variazione del classico giallo rosa, con una singolare ambientazione in altolocati ristoranti dove si pratica l’alta cucina. Una trama ispirata forse involontariamente a un modello autorevole come l’indagine dell’ineffabile detective privato Nero Wolfe per risolvere il delitto commesso alla riunione annuale dei Quinze Maitres (Alta cucina, di Rex Stout), ma coniugandola con un brio, una verve, una girandola di allusioni e calembour talmente frizzanti da somigliare al delicato perlage di uno champagne millesimato. La suspense di conoscere la verità e l’identità dell’assassino è invece solo un pizzico, perché i lettori la apprendono fin dai primi capitoli.

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Rubrica “Palato da detective”, n° 5 – I MISTERI DEL CHRISTMAS PUDDING Al pranzo di Natale con Agatha Christie e Dorothy Sayers

Articolo di Giusy Giulianini

 

I MISTERI DEL CHRISTMAS PUDDING

Al pranzo di Natale con Agatha Christie e Dorothy Sayers

 

Stelle indiscusse, con Margery Allingham e Ngaio Marsh, del poker d’assi al femminile che più brillò nella Golden Age del mistery classico, Agatha Christie e Dorothy Sayers condivisero molto.

Nate entrambe nell’ultima decade del XIX secolo da famiglie della middle class britannica, furono istruite a casa, anche se la prospettiva di un buon matrimonio guidò l’educazione di Agatha, mentre la lungimiranza dei genitori di Dorothy le consentì di frequentare l’università, conseguendo la prima laurea concessa dall’università di Oxford a una donna.

Co-fondatrici di quel Detection Club, nato nei primi anni Trenta con piglio goliardico ma con il nobile intento di favorire un proficuo scambio tra gli autori per mantenerne alta la qualità narrativa, ne divennero entrambe presidenti.

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