Oggi parliamo con… Carmelo Pecora

Intervista di Manuela Baldi

Un caloroso benvenuto su Giallo e Cucina a Carmelo Pecora.

Sono due le più recenti uscite in ordine cronologico sono: “Che pacchia ragazzi, storie dis-umane” per Damster ed. e “Interroghiamo il sospettato” scritto a quattro mani con Andrea Cotti per Laurana Editore.

1.MaBal – Carmelo iniziamo dagli esordi, racconti di fatti reali, vere e proprie denunce sociali, che ben si prestano a recital, cosa ti porta a quel tipo di scrittura? Cos’era scattato in te?

C.P. Se solo 20 anni fa mi avessero predetto che sarei diventato un autore, avrei consigliato a colui che faceva questa affermazione di cambiare mestiere perché come preveggente non avrebbe avuto futuro. Io non nasco “scrittore” e non credo lo sarò mai nell’accezione più alta del termine. Mi piace definirmi un “narratore” questo sì. La mia è una scrittura “semplice” senza tanti paroloni e termini incomprensibili, il tutto perché mi piace arrivare ai giovani che, alle prime esperienze di lettura, cercano un linguaggio scorrevole per non annoiarsi. Cos’era scattato in me? La curiosità e il mettermi in gioco, spinto dalle parole di Andrea Cotti che un giorno mi disse: “Tu le storie le hai vissute, non hai necessità di inventare nulla…” Ed io le storie con la S maiuscola le avevo davvero vissute: Iniziai con raccontare di una mia  “fuga” per andare in America ad appena 12 anni (tra qualche mese uscirà un cortometraggio tratto da quello che è stato il mio primo libro) per poi, da Poliziotto, passare al ritrovamento del corpo dell’Onorevole Aldo Moro quel 9 maggio del 78, al fatto di aver ascoltato quello stesso giorno la notizia della morte di Peppino Impastato, all’abbattimento dell’aereo di Ustica, allo scoppio della bomba alla Stazione di Bologna, alla vicenda della Uno Bianca. Insomma, con il tempo avevo immagazzinato tante emozioni e le tenevo in un angolo della mia mente, mai avrei immaginato di poterle raccontare ai lettori.

2. MaBAl –  So che per questo tipo di scritti ti sei documentato minuziosamente, hai scoperto cose che non sapevi? Hai mai avuto la voglia di mollare tutto, magari sopraffatto da quanto leggevi/scoprivi?

C.P. E’ vero, le storie che ho raccontato, oltre che da fatti realmente vissuti in prima persona, si sono basate su ricerche molto attente. Per i fatti più eclatanti  ho chiesto sempre l’autorizzazione e la consulenza delle Associazioni che rappresentavano i familiari delle vittime e, in diverse occasioni, sono andato personalmente ad ascoltare i parenti. Insomma “ho letto le carte” e questo molte volte mi ha portato ad una sofferenza umana che nemmeno immaginavo. Due esempi: raccontare la storia di Antonino Greco, mio collega, amico e siciliano come me, che si trovava a bordo dell’aereo esploso sopra il cielo di Ustica, attraverso la famiglia che mi ha ospitato nella sua casa di Palermo, mettendo a mia disposizione la loro vita e quella di “Tonino”  è stato  un momento emotivo davvero forte. Entrare poi nella storia della Uno Bianca, attraverso i documenti letti con meticolosità, dopo che anni prima avevo avuto la delusione più grande che un Poliziotto potesse provare, quella di  scoprire che la Banda era composta nella quasi totalità dai propri “colleghi” e che tra le varie attività compiute, essendo alla Scientifica, prendere le impronte a qualcuno che consideravi un “amico”, è stato come vivere due volte quel dramma. La lettura che, di giorno in giorno metteva in evidenza la violenza del gruppo, e che, in tanti, sembrava non vedessero (o non volessero vedere) insieme ad una conclusione della storia non conforme alle “dichiarazioni ufficiali” mi hanno convinto che quelle storie andavano raccontate senza tentennamenti.

3.MaBal  Prosegui per un po’ con lo stesso genere perché diciamocelo, in Italia non mancano gli spunti, diventi un personaggio letterario nei libri che Andrea Cotti scrive con protagonista Luca Wu, poi però scatta qualcosa, o meglio, omaggi i tuoi compagni della squadra di calcio nella quale giochi, con un giallo che li vede coinvolti, ti aspettavi che piacesse anche agli altri lettori?

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Oggi parliamo con… Mauro Zanetti

Intervista di Manuela Baldi

Ho il piacere di dare il benvenuto su Giallo e Cucina a Mauro Zanetti. autore di : “Tracce parallele”, “La belva di Garait”, “I fili del mondo” tutti usciti con la casa editrice  Nulla Die.

1.MaBal  – Mauro vuoi dirci chi sei e come inizi a scrivere?

M.Z.  Sono un insegnante di Trento, laureato in lettere e filosofia con una tesi in storia del Trentino. Scrivo da sempre, sin da ragazzino è stato un mio modo per comunicare a me stesso e agli altri pensieri, emozioni e stati d’animo. All’università ho iniziato a prendere in considerazione l’idea di farne qualcosa di più e così ho partecipato a qualche concorso letterario con dei racconti brevi. Poi, un po’ alla volta, è iniziata l’avventura dei romanzi.

2.MaBal  Fino ad ora sono usciti tre libri, diversi fra loro come genere e stile, come scegli le storie da raccontare?

M.Z. I primi romanzi sono due noir mentre il terzo è un libro storico sempre però venato di mistero e colpi di scena, in realtà credo che lo stile sia lo stesso in quanto la mia propensione da lettore verso le storie noir e verso i racconti storici si riflette poi nelle mie scelte da scrittore. Le trame nascono spesso da un episodio contingente, non necessariamente importante o grandioso ma che mi colpisce per qualche motivo, sul quale poi ricamo con la fantasia una trama che cerco di rendere il più avvincente possibile.

3.MaBal – Seguendoti sui social, so che per te l’ambientazione è importante, vuoi spiegare a chi ci legge perché?

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Oggi parliamo con… Claudia Lerro

Le indagini di Lolita Lobosco

Intervista a cura di Dario Brunetti

Diamo un caloroso benvenuto a Claudia Lerro, attrice coratina che nella serie televisiva, Le indagini di Lolita Lobosco interpreta Porzia Forte moglie di Antonio Forte interpretato stretto collaboratore di Lolita, interpretato da Giovanni Ludeno, DB T i ringrazio Claudia a nome del blog Giallo e Cucina per aver accettato il nostro invito e partiamo subito con la prima domanda: dopo esperienze cinematografiche e teatrali di cui parleremo in seguito, Le indagini di Lolita Lobosco è una serie televisiva che sta riscuotendo un enorme successo come hai vissuto questo grande risultato e quanto è stato fondamentale il lavoro di squadra?

CL Un’attrice di teatro sa che se un lavoro ha successo, è sempre merito della squadra. Come si dice? Non esistono piccoli ruoli, ma solo piccoli attori. Ogni personaggio è fondamentale perché l’intero disegno prenda forma! Assaporo questo successo con grande gioia e gratitudine. Mi capita di essere fermata per strada da persone innamorate della fiction e anche del personaggio di Porzia. Non posso che essere felice.

DB Interpreti Porzia moglie di Antonio, nella prima serie la vediamo nutrire un forte senso di gelosia nei confronti del marito, invaghito di Lolita sin dai tempi dell’università e attraverso la terapia di coppia cercheranno di trovare la loro felicità, con leggerezza e ironia si affronta una tematica che purtroppo destabilizza molte coppie, nella seconda invece Porzia intraprende gli studi e rientra il conflitto con Antonio che deve assumersi le responsabilità di padre, cercando di avere la gestione della casa. Quanto è difficile al giorno d’oggi essere moglie e madre, inoltre Porzia può essere l’esempio di tante donne che vogliono trovare la loro indipendenza e cercare di realizzare i propri sogni, questa decisione crea spigolosità nei rapporti di coppia e in che modo può essere affrontata secondo te?

CL Purtroppo, essere moglie e madre e contemporaneamente, essere donne in carriera e di successo è ancora difficile. Non impossibile, esistono esempi virtuosi. Ma c’è ancora molto da fare in tante direzioni: superare l’idea che la vita della donna abbia senso e valore solo nella maternità e nella famiglia; superare l’idea che sia la donna a dover poter avanti la gestione della casa e l’educazione dei figli; pensare a delle politiche di sostegno più concreto alla maternità e alla genitorialità in genere e molto altro. Penso davvero che ormai i tempi siano maturi per portare avanti questo auspicabile cambiamento. Occorre parlarsi, nella coppia. Mettere fuori i propri sogni, le proprie paure. Chiedersi aiuto a vicenda. Purtroppo, forse, anche per l’uomo non è facile definire con chiarezza il proprio nuovo ruolo che è sicuramente diverso dalle famiglie di una volta ma che non è ancora totalmente chiaro. Occorre parlarsi ed educare le nuove generazioni ad una assoluta parità di genere, pur considerando e valorizzando le meravigliose differenze che caratterizzano uomini e donne.

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OGGI PARLIAMO CON…Stefano Cirri

Intervista a cura di Gino Campaner

Ciao Stefano, benvenuto nello spazio interviste del blog Giallo e cucina. Grazie per aver accettato il nostro invito. E’ la prima volta che ho il piacere di dialogare con te. Sono contento di questa opportunità perché credo tu abbia le potenzialità per diventare un ottimo scrittore. I tuoi romanzi ti hanno già dato grandi soddisfazioni ma la tua “carriera” è solo agli inizi e ci sono tutti i presupposti per continuare a migliorare. Approfitterò di questa occasione per torturarti un po’ con varie domande sulle tue abitudini in campo letterario, oltre, ovviamente, a parlare dei tuoi libri.

Inizierei con la domanda più ovvia, quella della presentazione. Quando sei nato e dove vivi, cosa fai nella vita oltre a scrivere? Dicci un po’ di te.

Ciao Gino, ringrazio te e il blog per l’opportunità, è un grande piacere anche per me. Che dire? Sono nato nel lontano 1976 a Firenze e da Firenze non mi sono mai mosso! Ho assistito impotente all’ormai famoso scudetto ‘rubato’ della stagione 81-82 e come se non bastasse anche alla finale di coppa UEFA del 1990 ad Avellino. E non mi sono mai ripreso, da allora! Tuttavia, provando a farmene una ragione, sono andato avanti nella vita e dopo un modesto quinquennio al liceo scientifico mi sono iscritto a scienze naturali senza però mai laurearmi. Nel frattempo ho lavorato in una cooperativa di solidarietà sociale – esperienza che mi ha formato tantissimo e di cui parlo nel mio terzo libro ‘Le otto sagome’ – poi ho fatto il praticantato in uno studio di consulenza del lavoro fino all’esame di stato che mi ha portato ad essere Consulente del Lavoro. Una professione che peraltro porto avanti ancora oggi. Sono stato un buon pallavolista, seppure dal basso dei miei 179 centimetri. Sono stato un discreto chitarrista, sia classico sia metal. Mi sono appassionato all’arte della lavorazione del legno a tal punto che in tanti mi credono un falegname, anziché un Consulente del Lavoro. Ho una splendida moglie, tre cani e due cavalli.

Come mai e quando hai deciso di iniziare a scrivere?

Ritengo fondamentale la ‘parentesi’ artistica che mi si è aperta all’improvviso intorno ai vent’anni, quando avevo una fantasia molto accesa e la voglia reale di diventare uno scrittore a ogni costo. Ho buttato giù storie in uno stile improponibile, ma con contenuti interessanti. E ciò che ho prodotto ormai 26 anni fa è rimasto nel disco rigido del mio vecchio PC, per poi passare di computer in computer fino a una sera del gennaio 2018, quando – rileggendo quelle vecchie annotazioni – non mi è venuta l’ispirazione decisiva. Sono partito a scrivere e non mi sono più fermato. Il periodo che va dall’inizio 2018 all’estate del 2020 è stato strategico, perché in quel lasso di tempo ho scritto praticamente tutti i libri che ad oggi sono stati pubblicati. Per lo meno nella loro prima stesura.

Oltre a scrivere sei anche un lettore? Hai un genere preferito? 

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Oggi parliamo con… Alessandro Reali

Intervista a cura di Dario Brunetti

DB- Diamo un caloroso benvenuto su Giallo e Cucina ad Alessandro Reali, in libreria col suo romanzo edito Fratelli Frilli. Sul Naviglio si uccide così, e partiamo subito con la prima domanda, questa nuova serie dedicata al commissario Caronte è ambientata nella Milano anni 60 dove prende piede la criminalità organizzata, specializzata soprattutto in furti e rapine, ci descrivi questo personaggio e che ricordo hai di quegli anni seppur eri piuttosto piccolo, ci sveleresti qualche aneddoto?

A R- Buongiorno e grazie dell’invito, a te e a a tutti gli amici di Giallo e Cucina. In effetti io, essendo nato nel 1966, non posso ricordare direttamente il periodo storico di cui parlo. La decisione di raccontare quella Milano, però, è dovuta all’interesse che ho sempre avuto, sia per la città che per il periodo storico. Interesse dovuto prima di tutto ai racconti di mio padre, scultore, che frequentava Brera, ai dischi di Gaber, Svampa e Jannacci che ascoltava, ai libri che in seguito ho letto, in particolare il Ponte della Ghisolfa di Testori (da cui Visconti ha tratto il magnifico Rocco e i Suoi Fratelli, dramma di una famiglia povera proveniente dal sud) prima di incontrare il grande Scerbanenco con le sue storie nere milanesi. Caronte nasce in questo contesto. L’idea l’avevo in testa da molti anni. Il personaggio doveva essere un figlio del popolo vagamente somigliante a Jean Gabin, burbero e deciso, appassionato di calcio, frequentatore di giornalisti eccentrici in osterie e cabaret, con amici nella vecchia malavita meneghina: la ligera, quindi in antitesi con l’immagine classica del poliziotto (soprattutto nell’Italia di allora), in contrasto perenne con i suoi superiori. A fargli da specchio, in un certo senso, c’è la sua fidanzata, Luisella, libraia elegante e colta, figlia della buona borghesia progressista milanese, che fin dall’ottocento ha significato molto per lo sviluppo della città e non solo.   

DB Sul Naviglio si uccide così è ambientato nella Milano anni 66 dove si sviluppa la microcriminalità nelle zone di Lambrate, Giambellino, Quarto Oggiaro che le sarà attribuito il nome di Ligera, inoltre vi è la prostituzione nelle case di tolleranza e la protagonista di questa storia è Betty, una ragazza caduta nel mondo della droga, hai tratteggiato alla perfezione questo personaggio che emozione hai provato nel raccontarci questa storia che appartiene a una delle tante pagine della cronaca nera?

AR- Per scrivere questa storia (come faccio sempre) mi sono documentato sui giornali dell’epoca e sui libri riguardanti il tema. Se, nel Giallo della valigia di Piazzale Lodi, mi ero concentrato sui movimenti politici che hanno segnato tragicamente gli anni 60 e 70 del 900, qui mi dedico alla criminalità che muta irreversibilmente. La figura di Betty possiamo avvicinarla a certi personaggi di Scerbanenco. E’tragica e disperata al tempo stesso. Persevera nei suoi errori perché sopraffatta dal dolore mentale, da cui fugge attraverso la droga. Spero di averla raccontata nel tono giusto. In quegli anni, in seguito alla legge Merlin, le case chiuse ufficiali sparirono, ma ovviamente non smisero di esistere. Le professioniste si riversarono in strada, oppure in appartamenti privati spesso gestiti dalla nuova malavita. Molte ragazze provenienti da ambienti diversi, negli anni del boom, si dedicarono al mestiere più antico del mondo pensando di fare fortuna in fretta, finendo spesso in gorghi da cui non sarebbero più uscite.

DB un altro personaggio ben caratterizzato è la figura di Rita Perbellini, una donna molto bella dalla doppia identità, un’altra figura enigmatica che troverà la morte. Ci descriveresti questo personaggio?

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Oggi parliamo con… Cinzia Bomoll

Autrice del romanzo La ragazza che non c’era e regista del film La California

Intervista a cura di Dario Brunetti

Diamo un caloroso benvenuto su Giallo e Cucina alla scrittrice, regista e produttrice cinematografica Cinzia Bomoll, in libreria col romanzo La ragazza che non c’era e al cinema con La California, si può dire che questo 2022 sia stato un anno intenso e pieno di soddisfazioni, si tratta di un esordio nel giallo e di un ritorno al cinema con un lungometraggio, ci parleresti di queste due tue creature, come nascono?

Il 2022 è stato un anno molto significativo. perché è uscito il mio film La California nelle sale cinematografiche e per la casa editrice Ponte alle Grazie è uscito il mio primo giallo dal titolo La ragazza che non c’era. Un anno sicuramente pieno di soddisfazioni, sia creative che produttive, forse non a caso sono uscite a due anni dalla pandemia, due anni di chiusura sociale. Il romanzo è stato da me realizzato in pochi mesi ed è stato un record rispetto agli altri di diverso genere letterario, qui sono riuscita a concentrare sia il tempo che le energie proprio perché ne avevo di più e ho cercato di reagire dal punto di vista creativo sia nell’anno prima che in quello successivo con la realizzazione e l’uscita del film. Nel mio carattere sono molto reattiva e cerco di trasformare gli eventi negativi in positivi.

La ragazza che non c’era vede l’esordio dell’ispettrice Nives Bonora, una ragazza coraggiosa e al tempo stesso ribelle con una voglia di riscatto e che ha un rapporto spigoloso con il padre, ci descriveresti ulteriormente questo personaggio?

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Oggi parliamo con… Giulia Fiume

Le indagini di Lolita Lobosco

Intervista a cura di Dario Brunetti

Diamo un caloroso benvenuto a Giulia Fiume, attrice catanese che nella serie televisiva, Le indagini di Lolita Lobosco interpreta Carmela Lobosco, sorella di Lolita. DB Buongiorno Giulia, ti ringrazio a nome del blog Giallo e cucina, per aver accettato il nostro invito e partiamo subito con la prima domanda, come nasce questa esperienza televisiva e inoltre ti chiedo hai trovato grande sinergia con due attrici di valore assoluto come Luisa Ranieri e Lunetta Savino?

GF Sinergia è il Rapporto di forze operanti per il raggiungimento di uno stesso fine e credo la prova di ciò si legga nel risultato, ma questo solo pubblico può confermarlo. 

DB Hai un ruolo importante nella serie televisiva, interpreti Carmela, la sorella di Lolita, caratterialmente siete agli opposti, ci descriveresti al meglio il tuo personaggio?

GF Ha necessità di riscattarsi, la separazione dal marito è stato il motore del suo movimento in avanti. È un personaggio che pur raccontando di una donna che ha fatto della costruzione di una famiglia un obiettivo, sente il bisogno di evolvere e lo agisce. In questa stagione, infatti, La conoscerete più approfonditamente nella versione ‘Imprenditrice’!

DB Siamo alla seconda stagione della fiction che sta ottenendo un ottimo consenso di critica e pubblico, te lo aspettavi questo grande entusiasmo del telespettatore, soprattutto quello pugliese che immortala e festeggia l’inizio della puntata assaporando la tipica focaccia barese?

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Oggi parliamo con… Franco Forte

Intervista a cura di Marika Campeti

Il 17 gennaio è uscito il nuovo romanzo storico, “Karolus”, di Franco Forte. In attesa di fornire ai lettori di Giallo e Cucina una recensione del romanzo, ho intervistato l’autore, che ringrazio per aver risposto alle mie domande.

A cura di Marika Campeti

Franco parlaci di come è nata l’idea di scrivere un romanzo su Carlo Magno e di come hai lavorato per la ricerca precedente alla stesura. 

Da più di dieci anni studiavo questo personaggio che mi aveva sempre affascinato fin da ragazzino, e ho accumulato nel tempo parecchia documentazione storica. L’idea che abbiamo tutti di Carlo Magno (e che mi ero fatto anch’io) è quella un po’ polverosa e stantia che ci passa la scuola, con le solite fredde nozioni che più o meno conoscono tutti (come la famosa cerimonia dell’incoronazione, avvenuta la notte di Natale dell’800, o la creazione della Schola Palatina, o l’istituzione delle Marche di confine, che daranno il nome alla condizione nobiliare di Marchese), ma ben poco si sa di chi fosse davvero quest’uomo, come è arrivato a essere prima re dei Franchi e poi imperatore del Sacro Romano Impero, e quanta importanza hanno avuto le sue imprese e i suoi editti nella costruzione dell’Europa moderna. l’Europa come la conosciamo oggi, di cui tanto si parla per questioni geopolitiche, energetiche, sociali, economiche e culturali, e che nasce proprio grazie a Carlo Magno, capace di difenderla dalle invasioni del mondo arabo dalla Spagna, da quella degli Avari e di Bisanzio dall’est, e dalle scorrerie di Sassoni e Norreni dal nord. Insomma, l’Europa unita è fortemente debitrice a Carlo Magno per avere fondato le basi della sua stessa esistenza, e nel mio romanzo cerco di far capire come questo sia avvenuto. Il mio intento, quando scrivo romanzi storici, è sempre lo stesso: cercare di far capire come la grande Storia sia capace di spiegare certi meccanismi del presente che troppi di noi ignorano.

Come hai strutturato il romanzo? Si racconta di Carlo Magno in tutta la sua vita? Comprese le vicende meno note?

Si parte con un breve prologo “in media res”, ovvero trasportando il lettore in un momento fondamentale del libro, l’incoronazione a imperatore. E poi da lì, con un flashback, si torna a quando Carlo Magno era ragazzino e cominciava la sua straordinaria avventura, durata fino al giorno della sua morte, all’età di 72 anni. Un percorso denso di combattimenti, strategie politiche e diplomatiche, intrighi di corte, innovazioni culturali, sociali e religiose, rapporti d’amore, vicende familiari e continui drammi da superare. Ben poche volte mi sono imbattuto in un uomo la cui vita è stata per così tanto tempo densa e piena di vicende eclatanti, dalle più famose a quelle, numerosissime, sconosciute ai più.

In Karolus il protagonista ci viene presentato non soltanto come figura eroica, ma anche come uomo. É questo il segreto per far leggere al giorno d’oggi un romanzo storico?

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Oggi parliamo con… Paola Varalli

Intervista a cura di Dario Brunetti

Diamo un caloroso benvenuto all’autrice Paola Varalli, in libreria col suo ultimo romanzo Giallo al Cimitero Maggioreuscito un anno fa per la Fratelli Frilli Editori, partiamo subito con la prima domanda: DB come nasce l’idea di questo divertente romanzo che vede le inseparabili squinzie svolgere un’indagine privata addirittura in un cimitero, ispirandoti una trama davvero originale?

PV La genesi è un po’ buffa. Ogni natale vado a Gallarate dai miei cugini che sono miei grandi lettori. Passiamo una buona parte del pranzo a discutere di intrecci gialli e di solito nasce un abbozzo di trama che poi sviluppo nel corso dell’anno. Mi piaceva molto l’idea che Anita (una delle mie “squinzie”) camminando al cimitero si ritrovasse a soccorrere una donna di cui era sicura aver visto la tomba pochi vialetti prima. “Ma come”, si è detta, “se questa è viva chi è sepolto nella tomba che porta il suo nome e la sua foto?”

DB Partiamo dal tuo romanzo di esordio Incroci obbligati che vede per la prima volta queste due strampalate e improvvisate investigatrici che vanno in giro con il loro furgoncino. Chi sono Anita Valli e Mirella Bonetti e che emozione hai provato nella consegna del tuo primo testo che poi si è rivelato convincente proprio perché hai brillantemente abbinato il giallo alla commedia?

PV Ho scritto il primo romanzo giallo “Incroci obbligati” quasi per gioco, per mettermi alla prova dopo un corso di scrittura creativa che frequentai nel 2004. Inviatolo a un concorso letterario vinsi il primo premio e me lo pubblicarono, ma senza distribuzione, quasi una dimensione casalinga. La gioia di vedere la mia opera stampata fu comunque grande, ma il romanzo rimase nel cassetto fino al 2016, anno in cui, per un caso fortuito, lo inviai all’editore Frilli di Genova che decise di pubblicarlo. Non vi dico l’emozione di trovarlo negli scaffali di tante librerie in tutta Italia e nella vetrina di Amazon, di IBS, in e-book e cartaceo. Adesso so che Frilli, ha accordi con una società partner per la produzione di audiolibri. Spero che prima o poi tocchi anche ai miei romanzi!

DB Paola Varalli a chi somiglia di più caratterialmente, ad Anita o a Mirella?

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Oggi parliamo con… Antonio Gerardo D’Errico

Intervista a cura di Dario Brunetti

Diamo un caloroso benvenuto su Giallo e Cucina al poeta e scrittore Antonio Gerardo D’Errico, in libreria col suo ultimo romanzo Intrighi e morte sull’Addauscito per la Fratelli Frilli Editori. Partiamo subito con la prima domanda, spesso il noir diventa il giusto e concreto pretesto per imbattersi in tematiche sociali di grande rilievo, nell’ultimo periodo il mondo della scuola è stato al centro dell’attenzione dal punto di vista mediatico attraverso un caso di cronaca nera realmente accaduto, Intrighi e morte sull’Adda ti ha dato lo spunto per affrontare dinamiche che ben conosci grazie alla tua esperienza e che hai nel corso del tempo potuto approfondire?

La scuola è nel momento migliore della sua storia. Basti pensare al completo analfabetismo che fino alla fine degli anni Sessanta vigeva nelle famiglie italiane, da Sud a Nord. Non in tutte, naturalmente. L’immagine di tanta verità ci viene fornita da letteratura e cinema, a partire dal Verismo e Neorealismo fino a Pasolini e Ermanno Olmi. Oggi la cultura è entrata nella scuola, finalmente questo luogo esercita il ruolo che la connota. Ma la sapienza non è mai tanta per prevenire altri comportamenti devianti; pertanto dentro a tanta evoluzione si creano spazi per iniziare processi che negano la cultura, che la fagocitano, dando corso all’inizio della follia, dove l’ignoranza si impone nelle menti di persone fragili, forse in quelle fin troppo evolute per accettare di sopravvivere a lezioni che non lasciano spazio a nessuna possibilità di partecipazione attiva e, quindi, di sopravvivenza. Non si impara niente nel tempo, in realtà, ogni cosa è nei desideri sani o perversi di chi sente di dover dare inizio alla sua emancipazione, nel senso di dover passare dalla schiavitù alla libertà.

In intrighi e morte sull’Adda vede esordire il commissario Albani che deve indagare sull’omicidio di un custode, ma ci sono tanti personaggi che diventa un romanzo corale, emerge il rapporto sfuggente tra il professor Bonfanti e sua figlia Caterina, studentessa del liceo e a tal proposito ti chiedo quanto è diventato complesso costruire un dialogo tra genitori e figli, si rischia di perdere di mano il controllo sulle nuove generazioni che si sottopongono meno al confronto e si avverte di più soprattutto in tempi così difficili la mancanza di sapersi relazionare?

Un libro è sempre una giostra, in cui tutto ruota intorno a nuclei di follia. Il commissario Albani e il professore Bonfanti sono l’esito delle loro azioni, della loro vita definita da scelte personali o da sciagure: il professore è vedovo della moglie, una donna morta giovanissima che ha amato il tempo necessario perché le lasciasse in eredità sua figlia, Caterina. Dopodiché Emma Bonfanti, mamma di Caterina, lascia il nostro mondo. Non lascia la vita, in realtà, non lascia casa sua o il bar dei genitori. Come capita a tutti i morti, Emma rivive nelle azioni degli altri, nella bellezza che custodiscono di lei sua mamma e suo papà, nella paura che la sua morte suscita nel professore, nei ricordi del sindaco del suo paese a ridosso dell’Adda, Cassano d’Adda. Emma Bonfanti è più viva di molti dei personaggi che trascinano le loro debolezze in un mondo che possono solo devastare con le loro azioni senza bellezza. Il professor Bonfanti non ha rimesso piede nella sua stanza dopo la morte di Emma, chi ha sentito la necessità di assumere quella stanza come la propria è stata Caterina. Questa ragazza che viene descritta identica in tutto e per tutto a sua mamma non ha paura di cercare un’intimità con quella mamma morta, come se tra loro esistesse un richiamo intimo, segreto che agli altri è negato comprendere in tutta la sua complessità. Intrighi e morte sull’Adda descrive la vita e la morte attraverso le parole dei vivi e la presenza dei morti.

In un lontano 2008 sempre con la casa editrice Fratelli Frilli fu pubblicato un altro noir dal titolo Il discepolo che ti ha visto approdare allo Scerbanenco, il romanzo affronta la tematica delle sette sataniche, come nasce questa opera letteraria?

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