Intervista di Manuela Baldi

Un caloroso benvenuto su Giallo e Cucina a Carmelo Pecora.
Sono due le più recenti uscite in ordine cronologico sono: “Che pacchia ragazzi, storie dis-umane” per Damster ed. e “Interroghiamo il sospettato” scritto a quattro mani con Andrea Cotti per Laurana Editore.
1.MaBal – Carmelo iniziamo dagli esordi, racconti di fatti reali, vere e proprie denunce sociali, che ben si prestano a recital, cosa ti porta a quel tipo di scrittura? Cos’era scattato in te?
C.P. Se solo 20 anni fa mi avessero predetto che sarei diventato un autore, avrei consigliato a colui che faceva questa affermazione di cambiare mestiere perché come preveggente non avrebbe avuto futuro. Io non nasco “scrittore” e non credo lo sarò mai nell’accezione più alta del termine. Mi piace definirmi un “narratore” questo sì. La mia è una scrittura “semplice” senza tanti paroloni e termini incomprensibili, il tutto perché mi piace arrivare ai giovani che, alle prime esperienze di lettura, cercano un linguaggio scorrevole per non annoiarsi. Cos’era scattato in me? La curiosità e il mettermi in gioco, spinto dalle parole di Andrea Cotti che un giorno mi disse: “Tu le storie le hai vissute, non hai necessità di inventare nulla…” Ed io le storie con la S maiuscola le avevo davvero vissute: Iniziai con raccontare di una mia “fuga” per andare in America ad appena 12 anni (tra qualche mese uscirà un cortometraggio tratto da quello che è stato il mio primo libro) per poi, da Poliziotto, passare al ritrovamento del corpo dell’Onorevole Aldo Moro quel 9 maggio del 78, al fatto di aver ascoltato quello stesso giorno la notizia della morte di Peppino Impastato, all’abbattimento dell’aereo di Ustica, allo scoppio della bomba alla Stazione di Bologna, alla vicenda della Uno Bianca. Insomma, con il tempo avevo immagazzinato tante emozioni e le tenevo in un angolo della mia mente, mai avrei immaginato di poterle raccontare ai lettori.
2. MaBAl – So che per questo tipo di scritti ti sei documentato minuziosamente, hai scoperto cose che non sapevi? Hai mai avuto la voglia di mollare tutto, magari sopraffatto da quanto leggevi/scoprivi?
C.P. E’ vero, le storie che ho raccontato, oltre che da fatti realmente vissuti in prima persona, si sono basate su ricerche molto attente. Per i fatti più eclatanti ho chiesto sempre l’autorizzazione e la consulenza delle Associazioni che rappresentavano i familiari delle vittime e, in diverse occasioni, sono andato personalmente ad ascoltare i parenti. Insomma “ho letto le carte” e questo molte volte mi ha portato ad una sofferenza umana che nemmeno immaginavo. Due esempi: raccontare la storia di Antonino Greco, mio collega, amico e siciliano come me, che si trovava a bordo dell’aereo esploso sopra il cielo di Ustica, attraverso la famiglia che mi ha ospitato nella sua casa di Palermo, mettendo a mia disposizione la loro vita e quella di “Tonino” è stato un momento emotivo davvero forte. Entrare poi nella storia della Uno Bianca, attraverso i documenti letti con meticolosità, dopo che anni prima avevo avuto la delusione più grande che un Poliziotto potesse provare, quella di scoprire che la Banda era composta nella quasi totalità dai propri “colleghi” e che tra le varie attività compiute, essendo alla Scientifica, prendere le impronte a qualcuno che consideravi un “amico”, è stato come vivere due volte quel dramma. La lettura che, di giorno in giorno metteva in evidenza la violenza del gruppo, e che, in tanti, sembrava non vedessero (o non volessero vedere) insieme ad una conclusione della storia non conforme alle “dichiarazioni ufficiali” mi hanno convinto che quelle storie andavano raccontate senza tentennamenti.
3.MaBal Prosegui per un po’ con lo stesso genere perché diciamocelo, in Italia non mancano gli spunti, diventi un personaggio letterario nei libri che Andrea Cotti scrive con protagonista Luca Wu, poi però scatta qualcosa, o meglio, omaggi i tuoi compagni della squadra di calcio nella quale giochi, con un giallo che li vede coinvolti, ti aspettavi che piacesse anche agli altri lettori?
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