Intervista a cura di Marika Campeti
Ho letto e apprezzato l’antologia di racconti “Rintocchi dal buio” a cura di William Bavone e Jacopo Montrasi. Trattandosi di un’antologia, noi di Giallo e Cucina siamo curiosi di conoscere i retroscena, dall’idea d’origine alla pubblicazione con Scatole Parlanti.
La prima domanda che nasce spontanea leggendo l’antologia è : chi di voi due ha avuto l’idea? Raccontate.
Jacopo: In realtà l’idea arriva da un WhatsApp datato tre anni orsono. All’epoca, William aveva letto e apprezzato il mio primo romanzo, e ci aveva tenuto a farmelo sapere. Dopo una decina di messaggi avevamo percepito una sorta di alchimia naturale fra noi, un po’ come la Coca (Cola) e il Rum. Credo fu William a parlare per primo di antologia rock. O forse fui io, non so. Comunque non ha molta importanza, fra mamma e papà non si fanno distinzioni. L’idea si concretizzò un anno più tardi con l’uscita di Istinti Distruttivi, una raccolta di racconti basata sull’album Appetite for Destruction dei Guns n’ Roses. L’esperimento ci piacque al punto da decidere di fare il bis. Ed ecco che, con orgoglio, siamo qui oggi a presentare Rintocchi dal Buio.

William: se guardiamo Rintocchi dal Buio, si tratta di un pareggiare i conti. Istinti Distruttivi rispondeva molto al gusto musicale di Jacopo, quindi era giusto creare un secondo capitolo. Il rock resta alla base ma le sfumature cambiano e anche gli stili di scrittura. Poi l’idea è stata quella di coinvolgere nuovi autori, un modo come un altro per allargare il confronto, le collaborazioni e anche le interazioni. Scrivere con altri scrittori, anche se ognuno alla fine racconta la propria storia, vuol dire creare una reciprocità utile a crescere. E in due libri di strada se ne è fatta e di amicizie ne sono nate.
Leggendo Rintocchi, mi è parso di assistere a un concerto, dove ognuno degli autori ha suonato un diverso strumento e una melodia specifica per poi unirsi agli altri e formare l’insieme di musica e parole che è l’antologia stessa. Come avete scelto le canzoni dell’album Back in Black degli Ac/Dc? Quali input avete dato agli autori che hanno collaborato alla stesura?
Jacopo: Come ti dicevo, la prima antologia fu ispirata dal primo album dei Guns n’ Roses, che aveva accompagnato la mia adolescenza con la sua carica ribelle e maledetta. Il secondo round spettava quindi a William, che ha deciso di scegliere una delle pietre miliari del rock, Back in Black. Non abbiamo imposto particolari vincoli agli autori. Preferivamo che la scrittura fluisse libera, ispirata dal groove inconfondibile che gli Ac/Dc riescono a infondere in ogni singolo brano. La canzone su cui ho basato il mio racconto è Hell’s Bells, la prima dell’album. L’ho scelta perché legata al ricordo degli amori veloci e tormentati vissuti alla fine degli anni novanta tra le strade della periferia male di Milano. In quelle serate, a volte, potevi davvero sentire le campane dell’inferno chiamarti dal fondo di un bicchiere o dal buio delle più infime e deleterie tentazioni.
William: alla fine io e Jacopo ci siamo regalati la prelazione nella scelta prima di mettere a disposizione la lista per gli altri autori. L’album musicale resta un pretesto, una linea guida tematica e nulla più. Personalmente quello che ho detto è stato: “fatevi guidare dal ritmo, leggete il testo se volete un spunto, ma di base fate quel che volete basta che sia un thriller”. Questa conclusione, se vuoi spiccia, ha un suo perché tecnico: il thriller, come genere, si contraddistingue per un ritmo incalzante e, credo, che la sua trasposizione musicale ideale è proprio il rock. Poi sono nati anche dei racconti distopici e molto vicini al genere Fantascienza, ma di base il ritmo batte forte e toglie il respiro.

Entriamo nella stanza, sbirciando con voi vicino al vostro computer. Avete scritto questi racconti ascoltando le tracce musicali? O il rock è entrato nelle pagine in altro modo?
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