Ho il piacere di dare il benvenuto su Giallo e Cucina a Mauro Zanetti. autore di : “Tracce parallele”, “La belva di Garait”, “I fili del mondo” tutti usciti con la casa editrice Nulla Die.
1.MaBal – Mauro vuoi dirci chi sei e come inizi a scrivere?
M.Z. Sono un insegnante di Trento, laureato in lettere e filosofia con una tesi in storia del Trentino. Scrivo da sempre, sin da ragazzino è stato un mio modo per comunicare a me stesso e agli altri pensieri, emozioni e stati d’animo. All’università ho iniziato a prendere in considerazione l’idea di farne qualcosa di più e così ho partecipato a qualche concorso letterario con dei racconti brevi. Poi, un po’ alla volta, è iniziata l’avventura dei romanzi.
2.MaBal Fino ad ora sono usciti tre libri, diversi fra loro come genere e stile, come scegli le storie da raccontare?
M.Z. I primi romanzi sono due noir mentre il terzo è un libro storico sempre però venato di mistero e colpi di scena, in realtà credo che lo stile sia lo stesso in quanto la mia propensione da lettore verso le storie noir e verso i racconti storici si riflette poi nelle mie scelte da scrittore. Le trame nascono spesso da un episodio contingente, non necessariamente importante o grandioso ma che mi colpisce per qualche motivo, sul quale poi ricamo con la fantasia una trama che cerco di rendere il più avvincente possibile.
3.MaBal – Seguendoti sui social, so che per te l’ambientazione è importante, vuoi spiegare a chi ci legge perché?
Il maresciallo Gino Clemente ama la canottiera bianca, il karaoke, il suo labrador e soprattutto la moglie Felicetta, e coltiva un unico desiderio: andare presto in pensione. Dopo anni passati lontano da casa, viene finalmente trasferito nel suo paese d’origine, Polignano a Mare, a ridosso della festa patronale di San Vito che dà inizio all’estate. Per l’occasione, la famiglia allargata degli Scagliusi decide di celebrare il compleanno della piccola Gaia con una “festa nella festa”, durante la quale Matilde può inaugurare e soprattutto mostrare la sua nuova masseria a parenti e pochi amici. Non mancano i manicaretti peruviani preparati dalla fedele Adoración, la tata tuttofare della famiglia. Oltre a Ninella, don Mimì e a tutti i protagonisti di “Io che amo solo te” è stato invitato anche il maresciallo Clemente che però declina, ma sarà chiamato con urgenza sul posto: Adoración è stata trovata senza vita nel salottino degli angeli collezionati con amore dalla padrona di casa. È subito chiaro che non si tratta di una morte accidentale. Chi può essere stato? Nel pieno della notte di San Vito, il maresciallo si troverà ad affrontare un po’ controvoglia la sua prima vera indagine. Ad aiutarlo nell’impresa ci penseranno la brigadiera Agata De Razza, salentina dai capelli ricci e dalla polemica facile, e l’appuntato Perrucci, il carabiniere più sexy del barese, oltre naturalmente al suo fiuto, a quello del suo cane Brinkley e ai consigli disinteressati della moglie. Per tutti gli abitanti della zona sarà il giallo dell’estate. Tra canzoni stonate, melanzane alla parmigiana, segreti inconfessabili e voci di paese in cui tutti parlano e nessuno dice, Luca Bianchini scrive una commedia esilarante e ci fa vivere nella sua amata Polignano una nuova avventura ricca di colpi di scena, in cui tutte le tessere del mosaico si mettono lentamente a posto per rivelare una sorprendente verità.
In un luogo fatto di polvere, dove ogni cosa ha un soprannome, dove il quartiere in cui sono nati e cresciuti è chiamato “la Fortezza”, Beatrice e Alfredo sono per tutti “i gemelli”. I due però non hanno in comune il sangue, ma qualcosa di più profondo. A legarli è un’amicizia ruvida come l’intonaco sbrecciato dei palazzi in cui abitano, nata quando erano bambini e sopravvissuta a tutto ciò che di oscuro la vita può regalare. Un’amicizia che cresce con loro fino a diventare un amore selvaggio, graffiante come vetro spezzato, delicato e luminoso come un girasole. Un amore nato nonostante tutto e tutti, nonostante loro stessi per primi. Ma alle soglie dei vent’anni, la voce di Beatrice è stanca e strozzata. E il cuore fragile di Alfredo ha perso i suoi colori. Perché tutto sta per cambiare.
Il Lagavulin è uno scotch whisky single malt. Viene prodotto sull’isola scozzese di Islay. L’acqua che viene utilizzata per la produzione proviene da una zona molto ricca di torba che caratterizza il whisky. La produzione del Lagavulin è molto lenta.
Fumoso e torbato, robusto, corposo, ben bilanciato, morbido, elegante, sottile, cremoso, con una leggera dolcezza al palato, sono questi alcuni degli aggettivi usati per descrivere il Lagavulin. Aggiungendo acqua il sapore non cambia, si ingentilisce. È stato descritto come l’aristocratico delle Islay. Ha un inconfondibile e potente aroma di fumo di torba.
Dopo sei anni di reclusione in un istituto di pena, a causa di lunga condanna per omicidio, Antonio Caruso una mattina viene inaspettatamente scarcerato. Sembra che la vita voglia offrirgli una seconda occasione. Ha solo 27 anni e la consapevolezza di aver commesso molti errori; ora quell’occasione vuole sfruttarla. Vuole recuperare l’amore e la stima di Maria Luce, l’adorata moglie che l’ha lasciato non appena ha scoperto che lui aveva ammazzato un uomo. E poi c’è Rachelina, la figlia di sette anni che Antonio ha incontrato solo una volta. Può bastare il desiderio di riconquistare una donna e l’affetto di una figlia che non si è visto crescere, a riscattare una vita sbagliata? O invece il destino di Antonio è quello di perpetrare il male, perché nelle sue vene, come gli ha detto sprezzante il direttore del carcere, scorre solo sangue delinquente? Il destino di Antonio è quello degli eroi, spesso negativi, dei grandi romanzi noir, forse condannati alla sconfitta ma pronti sino alla fine a correre ogni rischio e a combattere qualunque battaglia. Segnato da un personalissimo sentimento della giustizia, da una rabbia in cui convivono il bene e il male, “Mille giorni che non vieni” è un romanzo teso fino all’ultimo respiro, dalle sorprendenti svolte narrative. È il ritratto di un personaggio che insegue se stesso in un labirinto da cui è possibile uscire, ma solo per trovarsi nuovamente al punto di partenza. La tensione che segna ogni pagina non abbandona il lettore neanche a libro finito. Longo mantiene per tutta la narrazione un sentimento puro che incanta, che fa a pugni con le scelte del suo personaggio dettate da quello stesso sentimento.
Il questore ha chiesto al commissario Antonio Mariani di indagare su alcune lettere minatorie indirizzate a Claudio Corani, noto imprenditore genovese e unico proprietario della C&C. Non è un incarico, ma un “favore personale”. Mariani accantona l’irritazione e incontra Alberta, la moglie di Corani, perché è stata lei a rivolgersi al questore. Sente anche Stefania Costanzi, la segretaria dell’imprenditore, che è stata la prima a leggerle. Sembra che le minacce siano la conseguenza di un incidente in cui, nell’autunno, ha perso la vita Franco Ratto, un giovane camionista appena assunto. Inutilmente Mariani cerca di parlare con Corani: l’uomo è irreperibile da giorni. Insiste con Alberta perché sporga regolare denuncia, ma lei risponde che quelle assenze non sono inusuali. Che una moglie non si chieda dove va il marito per giorni sembra strano al commissario, come il fatto che un imprenditore possa assentarsi trascurando i propri affari. Due giorni dopo Corani viene trovato ucciso a Sampierdarena: gli hanno sparato alla nuca. Due volte. Non è l’unica stranezza: gli indumenti della vittima non sono adeguati alla sua condizione sociale, il corpo è stato rinvenuto vicino alla torre WTC, dove ha gli uffici la C&C. L’indagine, all’inizio irritante, per Mariani diventa inquietante e risveglia troppi ricordi umani e professionali. A Sampierdarena ha vissuto fino ai vent’anni, a Sampierdarena ha affrontato la sua prima indagine da commissario e anni dopo ha incrociato nuovamente il latitante Luigi Mannini… Sì, i troppi ricordi gli rendono difficile concentrarsi, pure la Petri è meno lucida del solito. Il caso diventa più complesso perché anche la moglie di Corani viene ferita gravemente.
Diamo un caloroso benvenuto a Claudia Lerro, attrice coratina che nella serie televisiva, Le indagini di Lolita Lobosco interpreta Porzia Forte moglie di Antonio Forte interpretato stretto collaboratore di Lolita, interpretato da Giovanni Ludeno, DB T i ringrazio Claudia a nome del blog Giallo e Cucina per aver accettato il nostro invito e partiamo subito con la prima domanda: dopo esperienze cinematografiche e teatrali di cui parleremo in seguito, Le indagini di Lolita Lobosco è una serie televisiva che sta riscuotendo un enorme successo come hai vissuto questo grande risultato e quanto è stato fondamentale il lavoro di squadra?
CL Un’attrice di teatro sa che se un lavoro ha successo, è sempre merito della squadra. Come si dice? Non esistono piccoli ruoli, ma solo piccoli attori. Ogni personaggio è fondamentale perché l’intero disegno prenda forma! Assaporo questo successo con grande gioia e gratitudine. Mi capita di essere fermata per strada da persone innamorate della fiction e anche del personaggio di Porzia. Non posso che essere felice.
DB Interpreti Porzia moglie di Antonio, nella prima serie la vediamo nutrire un forte senso di gelosia nei confronti del marito, invaghito di Lolita sin dai tempi dell’università e attraverso la terapia di coppia cercheranno di trovare la loro felicità, con leggerezza e ironia si affronta una tematica che purtroppo destabilizza molte coppie, nella seconda invece Porzia intraprende gli studi e rientra il conflitto con Antonio che deve assumersi le responsabilità di padre, cercando di avere la gestione della casa. Quanto è difficile al giorno d’oggi essere moglie e madre, inoltre Porzia può essere l’esempio di tante donne che vogliono trovare la loro indipendenza e cercare di realizzare i propri sogni, questa decisione crea spigolosità nei rapporti di coppia e in che modo può essere affrontata secondo te?
CL Purtroppo, essere moglie e madre e contemporaneamente, essere donne in carriera e di successo è ancora difficile. Non impossibile, esistono esempi virtuosi. Ma c’è ancora molto da fare in tante direzioni: superare l’idea che la vita della donna abbia senso e valore solo nella maternità e nella famiglia; superare l’idea che sia la donna a dover poter avanti la gestione della casa e l’educazione dei figli; pensare a delle politiche di sostegno più concreto alla maternità e alla genitorialità in genere e molto altro. Penso davvero che ormai i tempi siano maturi per portare avanti questo auspicabile cambiamento. Occorre parlarsi, nella coppia. Mettere fuori i propri sogni, le proprie paure. Chiedersi aiuto a vicenda. Purtroppo, forse, anche per l’uomo non è facile definire con chiarezza il proprio nuovo ruolo che è sicuramente diverso dalle famiglie di una volta ma che non è ancora totalmente chiaro. Occorre parlarsi ed educare le nuove generazioni ad una assoluta parità di genere, pur considerando e valorizzando le meravigliose differenze che caratterizzano uomini e donne.
Hulda Hermannsdóttir, ispettore della polizia di Reykjavík, ha sempre dovuto rinunciare alle sue ambizioni, ma il nuovo caso che le viene affidato potrebbe finalmente aprirle delle opportunità di carriera. Una domenica mattina, più per noia che per senso del dovere, Hulda decide di accettare la richiesta di aiuto di un collega delle Isole Vestmann e di mettersi in viaggio per l’arcipelago a sud-est della capitale. Deve scoprire cos’è successo nell’isola abbandonata di Elliðaey, luogo aspro e meraviglioso, una vera e propria stanza chiusa a cielo aperto. Lì un uomo di trent’anni ha riunito gli amici di un tempo in quella che viene considerata la casa più solitaria del mondo, ma quando arriva il momento di rientrare sulla terraferma uno di loro manca all’appello. Intrecciando passato e presente, le indagini di Hulda riportano in vita fantasmi che tutte le persone coinvolte, in un modo o nell’altro, hanno tentato di mettere a tacere. E mentre cerca la verità di Elliðaey, l’ispettore finisce per ritornare su un vecchio caso, un omicidio avvenuto dieci anni prima in un luogo altrettanto isolato, che svela come, in quella strana storia, siano in tanti ad avere diversi peccati sulla coscienza.
Cinque anni possono cambiare un mondo. Una vita, tante vite. Il grande ritorno del commissario Ricciardi. È il 1939, sono trascorsi cinque anni da quando l’esistenza di Ricciardi è stata improvvisamente sconvolta. E ora il vento d’odio che soffia sull’Europa rischia di spazzare via l’idea stessa di civiltà. Sull’orlo dell’abisso, l’unico punto fermo è il delitto. Fra i cespugli di un boschetto vengono ritrovati i cadaveri di due giovani, stavano facendo l’amore e qualcuno li ha brutalmente uccisi. Le ragioni dell’omicidio appaiono subito oscure; dietro il crimine si affaccia il fantasma della politica. Con l’aiuto del fidato Maione – in ansia per una questione di famiglia – Ricciardi dovrà a un tempo risolvere il caso e proteggere un caro amico che per amore della libertà rischia grosso. Intanto la figlia Marta cresce: ormai, per il commissario, è giunto il momento di scoprire se ha ereditato la sua dannazione, quella di vedere e sentire i morti.