a cura di Luigi Guicciardi

Nata a Chicago il 5 giugno 1908, Craig Rice (pseudonimo di Georgiana Ann Randolph Craig), figlia di un pittore e di una “cosmopolita” – come amava definirsi la madre – visse un’infanzia disordinata e vagabonda, in cui gli unici punti di riferimento furono uno zio missionario gesuita appassionato di Poe e soprattutto la zia paterna Elton Rice, alla quale si ispirò per la scelta futura del suo pseudonimo letterario.
A Chicago la scrittrice abitò per la prima parte della sua vita, lavorando inizialmente come giornalista alla radio e nel campo delle public relations, ma della sua vita privata si sa nel complesso davvero poco, avendo lei protetto strenuamente la sua privacy: ebbe tre figli, che peraltro trascurò moltissimo, e un numero imprecisato di mariti (cinque sarebbe la versione più accreditata), l’ultimo dei quali fu tale Lawrence Lipton, che lei usò come ulteriore pseudonimo d’arte.
Dopo avere invano tentato di affermarsi come poetessa, autrice di romanzi letterari, testi radiofonici e reportage giornalistici, Craig Rice raggiunse il successo nel 1939, all’età di 31 anni, con il giallo Eight Faces at Three, in cui lanciò il fortunato personaggio di John J. Malone, un piccolo avvocato senza regole e semialcolizzato (“che scrutava il fondo del bicchiere come una maga fa con la sua sfera di cristallo per leggervi la malvagità umana”), dagli abiti perennemente stazzonati e deplorevolmente profumati dell’amatissimo sigaro, “quasi un tenente Colombo ante-litteram” a giudizio dell’acuta Silvia Iannello. E accanto allo stravagante Malone, a formare un felice trio, la scrittrice collocò subito due amici, anch’essi forti bevitori: il sanguigno ma romantico press-agent Jake Justus e la sua fidanzata, la bella ed eccentrica ereditiera Helene Brand, caparbia e pasticciona. I quali, con la loro capacità congiunta di risolvere complicati enigmi delittuosi, finiscono per ridurre spesso all’esasperazione Daniel Von Flanagan, il capitano della Squadra Omicidi.
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