
Trama:
Un bambino senza memoria viene ritrovato in un bosco della Valle dell’Inferno, quando tutti ormai avevano perso le speranze. Nico ha dodici anni e sembra stare bene: qualcuno l’ha nutrito, l’ha vestito, si è preso cura di lui. Ma è impossibile capire chi sia stato, perché Nico non parla. La sua coscienza è una casa buia e in apparenza inviolabile. L’unico in grado di risvegliarlo è l’addormentatore di bambini. Pietro Gerber, il miglior ipnotista di Firenze, viene chiamato a esplorare la mente di Nico, per scoprire quale sia la sua storia. E per quanto sembri impossibile, Gerber ce la fa. Riesce a individuare un innesco – un gesto, una combinazione di parole – che fa scattare qualcosa dentro Nico. Ma quando la voce del bambino inizia a raccontare una storia, Pietro Gerber comprende di aver spalancato le porte di una stanza dimenticata. L’ipnotista capisce di non aver molto tempo per salvare Nico, e presto si trova intrappolato in una selva di illusioni e inganni. Perché la voce sotto ipnosi è quella del bambino. Ma la storia che racconta non appartiene a lui.
Recensione a cura di Marika Campeti
Dopo aver letto “La casa delle voci” ed esserne stata rapita, ho subito iniziato il secondo appuntamento con il ciclo di Pietro Gerber, con questo romanzo. Ho scoperto Carrisi tardi, lo trovo davvero ipnotico e intrigante, le sue storie sorprendono sempre, e il personaggio dell’ipnotista è affascinante e umano, il che rende la lettura ancora più suggestiva. Le sedute di ipnosi a cui Gerber sottopone Nico sono costruite in modo tale da avermi fatto sentire lì, con loro, nello studio dell’ ipnotista, nel racconto a tappe che il ragazzino estrapola dalla sua mente soggiogando protagonista e lettore. La parola d’ordine di questo romanzo per me è “turbamento”. Non c’è stata pagina che non mi abbia immerso in questa sensazione di angoscia al contempo invadente e attrattiva. La trama è così ben congegnata da risultare chiara soltanto dopo che ogni tappa viene svelata, facendomi esclamare man mano che la storia sembra risolversi ma invece si ingarbuglia sempre di più con continui richiami al passato. Il punto di forza sia di questo libro che del precedente, è la tessitura “umana” della storia. Non si parla di indagini complesse, sangue ed efferati omicidi, il tutto si svolge in una dimensione a noi molto vicina e familiare, quella della mente, dei legami personali, della quotidianità. Pietro Gerber potremmo essere noi, e anche Nico e il suo incidente d’auto con la madre è un fatto non straordinario, che potrebbe accadere a chiunque.
La scrittura di Carrisi in questo libro è seducente ed entra in profondità, mi ha creato come per “La casa delle voci” una sorta di dipendenza dalla storia, un appuntamento immancabile con le pagine, una voglia esasperata di entrare in quello studio con Gerber, di conoscere l’identità dell’affabulatore, di saperne ancora di più su Anna Hall, di ripercorrere le strade di una Firenze gotica e cupa che emerge come ambientazione.
Unica pecca per me quasi imperdonabile: il finale.
Il romanzo non finisce. Mi ha lasciato una sensazione di incompletezza e frustrazione, come se l’autore mi avesse abbandonata, tradita, ingannata. Mi sono interrogata per più giorni su quale sia il limite di uno scrittore, su quale sia il punto massimo dove spingersi per non deludere chi legge. Ecco, lasciare un finale incompiuto nell’attesa dell’uscita del prossimo capitolo per me è troppo. Non si fa.
Il romanzo è bello, vale la pena leggerlo, ma il finale “non finale” è stato come se qualcuno mi avesse afferrato il libro per rubarlo proprio sul più bello.
Dettagli
- ● Genere: Thriller
- ● Copertina rigida: 400 pagine
- Editore: Longanesi; 3° edizione (29 novembre 2021)
- Collana:
- Lingua: Italiano
- ISBn-10: 883045351X
- ISBN-13: 978-8830453517
Concordo! Ho trovato pessima la scelta del finale. Peccato, perché rovina l’intera lettura.