I MAESTRI DEL GIALLO – HORACE McCOY

a cura di Luigi Guicciardi

Nato a Pegram, nel Tennessee, il 14 aprile 1897, Horace McCoy combatté in Europa durante la prima guerra mondiale, prestando valoroso servizio nell’aviazione statunitense, rimanendo ferito e ricevendo la Croix de guerre del governo francese. Americano di nascita ma di fatto europeo d’adozione, McCoy trascorse dunque la convalescenza a Parigi in quegli stessi anni Venti in cui nella capitale francese era di casa un’importante comunità di espatriati americani, tra cui Francis Scott Fitzgerald e Ernest Hemingway. Prima ancora di sviluppare la sua carriera di scrittore (fu, negli anni regista teatrale, collaboratore di riviste letterarie d’avanguardia, sceneggiatore cinematografico e romanziere di successo), è indubbio che McCoy fece tesoro della sua esperienza europea per cogliere con occhio diverso certe realtà politiche e sociali americane, che avrebbe poi ritratto nei suoi testi della maturità.

Tornato in patria, iniziò le sue prime collaborazioni giornalistiche a Dallas per il Dallas Dispatch e il Dallas Journal e – dopo una serie di esperienze che sembrano costituire il tipico corredo dello scrittore americano on the road alla Jack London – alla fine degli anni ’20 esordì sui pulp magazines, compreso Black Mask, la nota rivista su cui stava per nascere l’hard boiled di Dashiell Hammett e Raymond Chandler.

Nel 1931, però, la sua vita registrò una svolta significativa: si trasferì infatti a Los Angeles, alla conquista di Hollywood, dove, dopo aver tentato senza successo la carriera di attore – con una comparsata nel film The Hollywood Handicap (1932) – tirò avanti con lavori precari e collaborazioni, spesso non accreditate, con gli studios, finché arrivò a scrivere due notevoli romanzi, forse i più violenti e asciutti su Hollywood negli anni della Depressione. Parliamo di They Shoot Horses, Don’t They? del 1935 (Non si uccidono così anche i cavalli?) e I Should Stayed Home del 1938 (Avrei dovuto restare a casa), pubblicati insieme in Italia da Einaudi soltanto nel 1956 – il primo col titolo Ai cavalli si spara – nel volume Le luci di Hollywood. Due romanzi in cui, attingendo alla propria esperienza autobiografica, lo scrittore espresse la sua profonda disillusione verso la Fabbrica dei Sogni, anticipando opere più celebri come Il giorno della locusta (1939) di Nathanael West, Dove corri, Sammy? (1941) di Budd Schulberg o Gli ultimi fuochi (1941) di Francis Scott Fitzgerald.

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