Rubrica “Palato da detective”, n°9 – DA CHEF S’INDAGA MEGLIO. Al ristorante o in agenzia investigativa?

Articolo di Giusy Giulianini

 

Alzi la mano chi ha il coraggio di negare che gli chef, stellati o meno, telegenici in varia misura, amichevoli o marziali, sono i nuovi divi dei nostri giorni. Dalle loro ipertecnologiche cucine, dagli schermi televisivi o dalle pagine patinate dei rotocalchi dispensano ai comuni mortali imperativi categorici su qualità, quantità e preparazione del nostro cibo quotidiano. La loro parola è legge e noi, in riverente branco, corriamo a farci rapinare nei loro sacri templi.

Fioriscono sempre nuove filosofie nutritive, che si affiancano ai precetti alimentari di molte religioni. E, anche se presso numerose culture cibi particolari sono associati al rito della commemorazione dei defunti, è comunque universalmente riconosciuto il ruolo insostituibile del cibo nello scacciare l’idea della morte e dunque il suo valore consolatorio.

Sarà per queste ragioni che, da qualche anno, gli chef sono diventati protagonisti anche della scena narrativa e cinematografica? L’estensione del fenomeno parrebbe confermare l’ipotesi, almeno per quanto riguarda il genere light crime, ovvero il racconto d’indagine che si apre spesso al sorriso.

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