Articolo di Dario Brunetti
Cosa c’è di somigliante tra Sherlock Holmes e Nero Wolfe ? Tutto o meglio quasi tutto.
Arthur Conan Doyle e Rex Stout hanno creato due veri geni, delle menti sopraffine, perchè quando scende in campo la scienza della deduzione, per gli assassini non c’è scampo e si ritrovano inevitabilmente con le spalle al muro. Infatti la loro arte sta nel ragionamento, nell’analizzare, nel dedurre e nel sottoporre fino ad arrivare alla conclusione finale che porta a smascherare l’omicida.
Nel primo capitolo del celebre romanzo “Il segno dei quattro”, Sherlock Holmes dà una lezione al suo fido collaboratore Watson della maniera in cui si deducono le cose cercando di sviscerarle e scomporle al meglio arrivando alla spiegazione finale o meglio alla risoluzione dell’enigma, attraverso la logica e al ragionamento o meglio a come lui la chiama la scienza della deduzione.
Dove c’è genio c’è sregolatezza perché entrambi sono personaggi scorbutici forse odiosi ma nello stesso tempo affascinanti.
Anche se il giallo deduttivo nasce da Edgar Allan Poe, che fu il vero e proprio iniziatore del genere con il celebre Auguste Dupin, Conan Doyle e Rex Stout sono riusciti a mettere l’impronta sul genere con i loro rispettivi personaggi.
Una particolare caratteristica dei romanzi dei due scrittori è il fatto di avere i rispettivi collaboratori Watson e Goodwin come io narrante, nel primo sono entrambi dottori che regnano nell’ appartamento 221b Baker street e nel secondo un obeso investigatore col suo fidato segretario in un elegante palazzo di New York, all’ultimo piano con attico compreso.
Come è cosa ovvia nel giallo c’è l’assassino e chi indaga, ma i due scrittori hanno creato qualcosa che va oltre il talento,dove l’elemento essenziale è la mente umana e la sua psiche creando dei personaggi che se pur della logica ne fanno un’arte riescono ad essere talmente buffi da far sorridere il lettore.
L’ imprevedibilità non dà punti di riferimento nemmeno ai rispettivi assistenti che a volte faticano a stare dietro e non resta che assecondarli come si fa con i bambini nel caso Nero Wolfe e con i folli come Sherlock Holmes.
Mi sento di affermare che il genio deve avere quella giusta dose di pazzia per superare se stesso.
Sia Conan Doyle che Rex Stout hanno creato due personaggi dove non manca quella sottile ironia e quel sano umorismo che rende ancora più gradevole dei romanzi narrati.
Inoltre ebbene mettere in evidenza due particolarità specifiche nonché sostanziali su Holmes e Wolfe, il primo per tenere allenato il cervello deve fare uso di morfina o di cocaina e si reca avvalendosi della sua dinamicità che non gli manca di certo, sul luogo incriminato col fidato dottor Watson perché vuole esaminare in prima persona come sono realmente andati i fatti cercando di ricostruire la scena del crimine e prendendo in esame tutti i dettagli per poterli al meglio rielaborare nella sua mente.
Wolfe al contrario di Holmes è una presenza alquanto statica, essendo un uomo molto pigro esce dalla sua lussuosa e confortevole abitazione di New York solo in casi rari, ed esclusivamente per i propri interessi personali, come la culinaria, in “Alta cucina”, e la coltivazione delle orchidee nel romanzo “La guardia al toro. Un uomo di una mole spaventosa, e un vero e proprio peso massimo con i suoi 125 kg tranquillamente seduto sulla sua comoda poltrona, si permette il lusso di chiudere gli occhi e rispondere con sufficienza a chiunque gli stia parlando, mantenendo una calma serafica come se stesse facendo riposare il suo testone con cervello compreso. Pertanto gli elementi necessari per condurre e sviluppare al meglio un indagine vengono serviti su un piatto d’argento dal giovane e brillante Archie Goodwin, figura che piace alle donne per la sua verve ed eleganza che invece non riscuotono alcun interesse per Nero Wolfe, dimostrandosi egli nei loro confronti misogino e del tutto apatico e concentrandosi sull’ascolto e sul caso da risolvere che per lui ha sicuramente un’importanza maggiore.
Holmes dal suo canto è stato l’investigatore che ha introdotto e applicato il metodo scientifico alle indagini e alle conoscenze empiriche su cui poi si fonderà la criminologia.
Se Wolfe è un personaggio geniale ma pur sempre di fantasia e fin troppo allegorico, Holmes è un personaggio proiettato verso il futuro che a prescindere dalla sua frase “elementare Watson “concretizza quella che è la teoria ramificata oggi giorno nella teoria psicologica e biologica e ancor più nella medicina legale.
Per quanto riguarda la parte televisiva i due personaggi sono stati proiettati sul grande schermo tante volte, ma personalmente come penso la maggior parte delle persone, il Nero Wolfe interpretato dal 1969 al 1971 dal grande Tino Buazzelli con la mitica spalla ovviamente nel caso, Paolo Ferrari (Archie Goodwin) è rimasto scolpito nelle menti dei telespettatori ed è quello che si ricorda più volentieri senza nulla togliere agli altri attori che hanno avuto l’onore di interpretare il celebre investigatore.
La stessa identica cosa per Sherlock Holmes, ci fu la famosa serie televisiva che vide protagonista Peter Cushing nei panni dell’investigatore e di Nigel Stock in quelli del Dottor Watson e durò ben due stagioni,la prima nel 1965 e la seconda nel 1968, per quanto riguarda la terza che era in fase di realizzazione proprio lo stesso attore rinunciò e gettò la spugna sentendosi stremato.
I lettori sono affezionati a questi due personaggi che sono poi quelli che hanno indicato la via al genere del giallo andando poi a scoprire e senza mai a tralasciare il belga dai baffi di seta e dai capelli impomatati, il celebre Hercule Poirot della famosa scrittrice Agatha Christie, perchè farlo sarebbe un vero e proprio delitto.
Il giallo deduttivo è l’abc di quel genere letterario che tanto appassiona i lettori, e questi due miti ne hanno indicato la strada, lasciandone tracce indelebili che non si cancelleranno mai, ma una domanda come direbbe il buon Antonio Lubrano mi sorge spontanea. Il lavoro certosino e l’eccellente metodo di investigazione di questi due brillanti investigatori troverebbero un’applicazione pratica al giorno d’oggi? È chiaro che sia Holmes che Wolfe sono due personaggi di fantasia ma la loro abilità davvero realistica era adeguare le proprie ipotesi ai fatti, e non il contrario. Circostanza che purtroppo oggigiorno non è sempre facilmente riscontrabile nella realtà. Non pensate che quando accade il contrario, cioè affezionarsi a una teoria e costringere i fatti ad adeguarvisi, poi si creino le condizioni per errori criminologici e giudiziari ? Lascio a voi questo piccolo ma importante dilemma.