In serbo – Milica Marinković

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Recensione a cura di Alessandra Rinaldi

Il 25 marzo 1999, alle due del mattino, iniziò la guerra del Kosovo. Un’aggressione verso i serbi cristiani da parte degli albanesi musulmani, questi ultimi  appoggiati da tredici nazioni, tra cui l’Italia, che agivano senza nessuna autorizzazione da parte dell’ONU.

Fu una guerra prevalentemente aerea, con la quasi totale mancanza di truppe sul suolo. Gli aerei colpivano soprattutto ponti, stazioni, case, strutture pubbliche  e monumenti.  Vennero sganciate bombe all’uranio impoverito, un materiale di scarto delle centrali nucleari che non può essere smaltito.

E quella sera del 24 marzo Milica era in casa con i genitori e gli zii. Una serata come tante, forse un po’ noiosa per una ragazzina di dodici anni. All’improvviso scompare il segnale della televisione e poco dopo salta anche la corrente: gli adulti sanno, capiscono cosa sta succedendo e si riversano in strada.

I bambini provano a fare domande, che rimangono senza risposte. Si respira tensione e paura.

Molte persone decidono di lasciare la propria abitazione e cercare riparo nelle piccole case che possiedono nel bosco.

E proprio nel cuore della natura, Milica fa la conoscenza della guerra, con le sue terribili armi e con gli orrori che produce.

In Serbo è un romanzo di rassegnazione e coraggio. Rassegnazione perché si è consapevoli che bisogna accettare e convivere con la guerra e la paura; coraggio perché, in quel bosco, si dà inizio a una nuova vita, ci si ritrova uniti nella speranza e nella paura.

Il contatto assiduo e costante con le altre persone spazza via le debolezze umane. Nel bosco l’invidia lascia spazio alla generosità, la cattiveria si trasforma in bontà: un piccolo popolo si unisce cercando sicurezza nella quotidianità, provando a essere sereno festeggiando la Pasqua, costruendo una vita normale dove il canto e il ballo esorcizzano la paura. Perché per esorcizzare la guerra, bisogna sdrammatizzare, per non rendere tutto ancora più difficile.

E Milica si rende conto che, nonostante tutto, nel bosco riesce a essere felice. Ha accanto, oltre ai genitori e al fratello, anche la nonna, che chiama affettuosamente “nana”, una anziana signora che ama raccontare storie di vita. Narrazioni di quando era bambina, di un mondo con tanti pregiudizi e superstizioni, ma di vita vera, storie che solo la vita vissuta davvero può costruire.

In serbo è un romanzo toccante, pieno di descrizioni delicate e terribili, molte volte celate dalla cognizione che il cielo è un nemico, che l’azzurro può nascondere minacce di morte.

Un libro che fa capire quanto poco conti la vita umana per i potenti, una romanzo per comprendere l’inutilità degli scontri e per rendersi conto, ancora una volta, dell’assurdità delle guerre.

 

 

Trama

  1. La NATO bombarda la Jugoslavia. La dodicenne Mila e la sua famiglia cercano scampo preferendo ai rifugi sotterranei il bosco, dove provano a condurre una vita “normale” aggrappandosi alle tradizioni e alle storie che la bisnonna, Shahrazād di questa guerra balcanica, racconta alla piccola comunità di persone che, come loro, hanno scelto di nascondersi nella natura. E così, attraverso le narrazioni della nanasi delineano i nessi fra quello che accade nel Paese e la condizione umana, esistenziale e storica, e si rivelano le vere conseguenze della guerra su chi sopravvive ma si ritrova prostrato dagli smarrimenti mentali e dal vuoto emotivo che derivano dalla perdita delle persone care.

Con un prologo nei primi anni Novanta, al tempo della guerra in Bosnia, e un epilogo nel presente, in un futuro dopoguerra, In serbo fa i conti, nel suo ventesimo anniversario, con quella sanguinosa “missione di pace” della quale non si è parlato abbastanza nonostante la Serbia sia così vicina all’Italia.

 

 

Dettagli

  • Genere: Autobiografico
  • Copertina flessibile: 192 pagine
  • Editore: Les Flâneurs Edizioni (7 maggio 2018)
  • Collana: Bohemien
  • Lingua: Italiano
  • EAN: 9788894990867