Silence–Tim Lebbon

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Recensione a cura di Gianluca Morozzi

Nella mia lontana adolescenza, ero un accanito lettore di Urania. Quei libri sottili con qualche straordinaria immagine di Karel Thole, in un cerchio al centro di una copertina bianca, erano la mia porta d’accesso alla fantascienza in tutte le sue declinazioni.

Poi, ogni tanto, usciva un Urania che mi faceva storcere il naso: era fantascienza, quella storia dell’albergo sulla tana dei crotali? Era fantascienza, Krull, o era fantasy?

Poi decidevo di ignorare gli steccati di genere e di leggerli lo stesso. Silence di Tim Lebbon cos’è? Un thriller? Un horror? Non importa: è un bel romanzo, che ha un’idea di base forte e ben gestita, con dei personaggi per la cui sorte il lettore trepida. E, a quel punto, non importa il genere.

A proposito di fantascienza: da fan di Doctor Who, adoro quegli episodi di Moffat in cui i personaggi devono evitare di fare qualcosa di molto naturale per non subire tremende conseguenze. Cose come: non sbattere le palpebre per non far avvicinare gli Angeli Piangenti, non respirare per non farsi identificare come esseri umani…

In questo romanzo non bisogna far rumore, non bisogna produrre suoni, se si vuole vivere. E io adoro le idee semplici ma diaboliche come queste.

Trama

Nell’oscurità di una fitta rete di grotte sotterranee, vivono creature cieche, abilissime nella caccia. Grazie al loro udito sono in grado di individuare e catturare qualunque preda. I cunicoli sigillati hanno trattenuto per secoli la loro furia, fino a che una spedizione speleologica in Moldavia, in diretta televisiva, non apre un varco, scoperchiando quell’eco-sistema come un vaso di Pandora. A emergere dalle tenebre è uno sciame di creature feroci, simili a pipistrelli, che in un attimo si avventa sul gruppo di scienziati. Le telecamere continuano a riprendere per ore lo scempio, offrendo uno spettacolo raccapricciante. Due testimoni della carneficina sono Ally e suo padre Huw, incollati davanti allo schermo. Se la minaccia dovesse diffondersi in tutta Europa nessuno sarebbe più al sicuro. Perché gridare, persino sussurrare, può rivelarsi fatale. Ally, affetta da sordità, è abituata a vivere in silenzio. E adesso, la sua abilità è l’unica speranza di salvezza per la sua famiglia: dovrà riuscire a trovare un posto sicuro per aspettare la fine del pericolo. Ma avrà davvero fine? E in quale mondo sarà costretta a vivere?

Dettagli

  • Genere:Thriller
  • Copertina rigida: 334 pagine
  • Editore: Newton Compton
  • Collana: Farfalle
  • Lingua: Italiano
  • ISBN-10: 8822721209
  • ISBN-13: 978-8822721204

 

Oggi parliamo con Lorenzo Cioce

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Intervista a cura di Emanuela Di Matteo

 

 

Buongiorno, oggi avremo il grande piacere di scambiare qualche parola con Lorenzo Cioce, il giovane poeta autore di “Hai Mai Corso tra le Nuvole”? Una bella raccolta di poesie lievi eppure intense, giunta già alla sua quarta ristampa.

Benvenuto Lorenzo e grazie per averci concesso il tuo tempo. A proposito…

 Ti sembra che nella vita contemporanea di tempo ce ne sia a sufficienza per fare tutto quello che desideriamo?

 Appunto sta a noi inventare, muovere, creare il tempo. Come diceva un certo Einstein il tempo è relativo, sta a noi essere autentici e dinamici secondo i nostri desideri e bisogni puri.

 Cosa significa per te correre tra le nuvole?

 Significa costruire bellezza, armonia e amore in empatia. Non è facile ma non impossibile. Restiamo umani.

 Lorenzo, quali sono i poeti che ami di più e soprattutto vorrei chiederti se c’è una poesia che hai sempre nel cuore.

 Ho nel cuore la Ginestra di Leopardi e amo tanto Shakespeare, Merini e Saba. Ma non rinuncio alla poesia contemporanea, diciamo che non mi lascio impressionare dai nomi ma dalle emozioni.

 Essere un poeta oggi. Una scelta difficile, controcorrente per i nostri tempi così materialistici. Sei tu che hai scelto la poesia o è lei che ha scelto te?

 Penso che ci siamo scelti durante gli anni del Liceo Classico. Devo ringraziare la docente di letteratura inglese Lidia Fustolo che mi regalò un libro unico “In difesa della Poesia” di Shelley.

 Riuscire ad essere se stessi rende felici?

 Rende felici condividere, essere empatici ed autentici. Diciamo che oggi esserlo significa rifiutare il profitto a tutti i costi, comporta molte rinunce ma tante contropartite del cuore.  E il cuore pompa molto più ossigeno del cervello. Bisogna saper scegliere il motore giusto.

 Vuoi parlarci dei tuoi progetti artistici presenti o prossimi?

 Attualmente vorrei continuare questo tour dal basso di presentazioni, siamo già a 30. Continuare a formarmi e a sognare ancora. Ma tengo segretamente nella mia scatola speciale dei sogni del Maestro Cancellieri i miei desideri più belli.

 La tua citazione preferita? Eventualmente tratta da un film o un libro…

“Tutto è follia in questo mondo fuorchè il folleggiare” Giacomo Leopardi – Zibaldone.

 Grazie Lorenzo. Come da tradizione di Giallo e Cucina ti vorrei chiedere di salutarci rivelandoci quale è il tuo piatto preferito e magari dandocene anche la ricetta…

 Il mio piatto preferito sono le trofie artigianali con il pesto e i pomodorini freschi ciliegino, ma lascio agli chef creare ricette di alto valore. Io mi concentro sull’Arte della Poesia che richiede tanto amore e tanto tempo come la buona cucina italiana.