Trama
Se quattro corpi senza nome tornano alla luce dopo settant’anni; se uno di loro è quello del comandante partigiano Lupo, anche se non potrebbe esserlo; se tutti preferiscono dimenticare; se su una serie di delitti che insanguina il paese si allunga l’ombra di quella vecchia storia risalente alla guerra; se passato e presente si mescolano senza soluzione di continuità; se l’inaspettata soluzione dell’enigma è un capolavoro di razionalità e logica; se l’ultima parola di questa storia non è di condanna, ma di pietà… “Linea gotica” è un omaggio alla detective story, ma anche un romanzo storico che mescola la finzione narrativa con vicende realmente accadute, un’occasione per parlare della complessità delle relazioni tra le persone, ma anche per riflettere sul tema della Resistenza, la cui trasmissione della memoria — anche attraverso opere di finzione letteraria — si pone come uno dei possibili compiti della letteratura “cosiddetta” di genere, che da sempre ha fornito un apporto essenziale alla costruzione di una cultura condivisa.
Voce di Roberto Roganti
Recensione a cura di Simona Aiello
Il romanzo “La linea gotica” di Massimiliano De luca è un testo che mescola fatti storici realmente accaduti ad un plot di fiction investigativa. Un cocktail di diversi elementi che, a mio avviso, omaggiano l’intreccio doppio, caro al Camilleri di Montalbano, o alla detective story con finale alla Agatha Christie in cui tutti i possibili colpevoli sono riuniti per ascoltare le sagaci deduzioni del detective incaricato di scoprire il mistero che si cela dietro ai fatti sanguinosi, in questo caso due omicidi che hanno insanguinato le strade di un piccolo paese arroccato sui monti e che sembrano avere a che fare con il passato.
Un mistero storico che rischierebbe di riscrivere larga parte della lotta partigiana legata alla linea Gotica.
L’escamotage della detective story serve a innescare un’analisi della nostra memoria storica, di un passato che si tenta di riscrivere perché non ancora metabolizzato, costruito proprio dagli italiani che, grazie alla resistenza e alla lotta partigiana, oggi possono vivere in un paese democratico dove la libertà è garantita per diritto costituzionale. Il passato che riemerge dai ruderi di una casa in via di ristrutturazione, passato che molti vorrebbero insabbiare, non è forse un’efficace metafora dei nostri tempi?
Il compito di scoprire l’arcano è affidato a un abile storico, il professor Meier, che metterà in campo tutte le sue conoscenze per far luce sui misteri che avvolgono il piccolo paese dell’Appennino Tosco-Emiliano.
I personaggi, principali e secondari, sono ben delineati. Non molto approfondite, invece, le caratteristiche delle due figure femminili, tratteggiate con lo stereotipo della donna fedifraga, l’una, e della compagna accomodante l’altra.
Il protagonista, il professor Meier, ha un passato che lo coinvolge direttamente nelle atrocità perpetrate durante il periodo nazifascista. La vicenda del partigiano Settis meritava, a mio avviso, un approfondimento maggiore. Degne di nota le pagine in cui il protagonista si interroga sul ruolo della storia e dell’insegnamento.
Alla fine, senza spoilerare nulla, la soluzione dell’enigma è quella classica della detective story: avrà senso usare la famosa frase: “cherchez la femme” per dipanare il bandolo della matassa? In conclusione un romanzo godibile per chi ama la “Storia” e in particolare il periodo legato alla resistenza, condito con un mistero da dipanare che renderà la lettura scorrevole e interessante.
Dettagli
- Genere: detective story
- Copertina flessibile: 215 pagine
- Editore: Damster
- Collana: #21
- Lingua: italiano
- Isbn10: 8868103699
- Isbn 13: 978-8868103699