GILBERT KEITH CHESTERTON
Nato a Londra nel 1874 (e morto a Beaconsfield nel 1936), figlio del proprietario di un’agenzia immobiliare, Chesterton fu educato nella capitale inglese alla St Paul’s School. Precocemente alto e allampanato (solo in seguito avrebbe sviluppato la caratteristica corpulenza), solitario e abulico, subì all’inizio l’influenza del brillante coetaneo E.C. Bentley, futuro scrittore, e del fratello minore Cecil, estroverso e violento. Buon disegnatore, trascorse tre anni alla Slade School of Art, prima di esordire con qualche poesia di tono solenne su riviste e giornali. Solo quando si fidanzò con Frances Blogg, poi compagna di tutta la sua vita, cominciò, per guadagnare qualcosa, a scrivere sullo “Speaker” di fatti del giorno, e imprevedibilmente – dato il suo carattere mite e introverso – si distinse subito per il coraggioso vigore dei suoi attacchi contro il clima di sciovinismo dilagante in occasione della guerra contro i Boeri. Mentre perfezionava lo stile – brioso e scintillante di aforismi – che lo avrebbe reso celebre, Chesterton incontrò due grandi amici, Hilaire Belloc, il saggista, storiografo e polemista cattolico di origine francese, e il colto romanziere e viaggiatore Maurice Baring. Incoraggiato dai primi successi, dopo il matrimonio (1901) decise di dedicarsi esclusivamente alla penna, e da allora avrebbe alternato a una frenetica attività giornalistica la composizione di quasi cento libri, fra romanzi, raccolte di racconti e di versi, monografie, saggi, libri di viaggi, di religione, di politica, di filosofia quotidiana, e persino due commedie. La grande fama del giornalista eclissò per molto tempo lo scrittore, di cui fu opinione diffusa che i libri risentissero della fretta con cui erano stati composti; ma nel 1970 W.H. Auden ha osservato come in realtà Chesterton fosse un autore di respiro ampio, e che, al contrario di quanto accade per i giornalisti, di lui convincono soprattutto le opere meno legate alle contingenze del momento.