“Eppure, signore, è l’unico modo di spiegare le cose! La Camera Gialla era chiusa come una cassaforte. Per usare le vostre espressioni, era impossibile all’assassino uscirne normalmente o anormalmente.”
È questo uno dei passaggi-chiave de Il mistero della camera gialla (Le Mystère de la chambre jaune), il romanzo che rivelò al grosso pubblico, nel 1907, lo scrittore francese Gaston Leroux, nato a Parigi nel 1868 e morto a Nizza nel 1927. È indubbio infatti che questo Giallo può esser considerato ancor oggi uno dei più brillanti enigmi della “camera chiusa”, la cui trama, cioè, risulta imperniata su una stanza ermeticamente chiusa, e dove le sorprese che attendono il lettore creano una vera sfida alla logica. In questo Giallo, insomma, che piacque molto a Chesterton e che Dickson Carr definì “il più bel mystery mai scritto”, Leroux si cimenta con quello che fu per decenni uno dei problemi per eccellenza dei romanzi polizieschi, come un assaggio della trama (senza alcun spoiler) sta chiaramente a dimostrare.
La giovane Mathilde Stangerson, figlia di un noto scienziato, viene aggredita di notte mentre dorme nella propria stanza, la camera gialla. Allarmati dalle sue urla, il padre e i domestici del castello accorrono, sfondano la porta ed entrano: la ragazza giace a terra in fin di vita, ma nella camera non c’è nessuno. Eppure la porta è saldamente chiusa dall’interno, l’unica finestra ha ancora le persiane chiuse, le inferriate che la sbarrano sono intatte, e nella stanza non c’è alcun nascondiglio o passaggio segreto… Eppure l’assassino è sparito!