I MAESTRI DEL GIALLO a cura di Luigi Guicciardi WILKIE WILLIAM COLLINS

WILKIE WILLIAM COLLINS

Terzo in ordine cronologico, dopo Poe e Gaboriau, nella galleria storica dei Grandi del Giallo, l’inglese Wilkie William Collins (1824-1889) poté fin dall’inizio contare su nobili e meritate referenze: è noto infatti che sul periodico di Londra “All the Year Round”, diretto nientemeno che da Charles Dickens, uscì a puntate nel 1868 La pietra di luna (The Moonstone), che alcuni tuttora insistono a considerare il primo vero romanzo poliziesco che sia mai stato scritto. Proprio l’incontro con Dickens nei primi anni ‘50 e la stretta amicizia che ne seguì risultarono determinanti nella svolta che il Collins diede verso la narrativa gialla. Nelle ricchissime trame del già famoso padre di Oliver Twist, infatti, non mancavano vari elementi da mystery story, da Barnaby Rudge a Hunted Down, da Bleak House all’incompiuto The mystery of Edwin Drood. Soprattutto in Bleak House (1853), come più d’un critico ha notato, l’adesione ai canoni del Giallo appare piuttosto evidente, e il personaggio dell’ispettore Bucket anticipa nei caratteri molti aspetti del sergente Cuff della Pietra di luna e di altri investigatori a venire.

Va detto però che l’ascendenza del modello Dickens non fu per Collins prevaricante, e La pietra di luna mostra tuttora aspetti del tutto originali, sia nelle forme del contenuto sia in quelle dell’espressione. Il possesso della pietra – un diamante giallo sacro a una divinità, rubato in India da un colonnello britannico e oggetto della ricerca di tre bramini custodi del tempio – si inserisce infatti in un plot d’amore e morte drammatico e romantico al tempo stesso, che sembra a tratti voler evadere dal cerchio puro e semplice di una storia poliziesca. E il motivo del diamante maledetto, delle sue sparizioni e delle morti violente che le accompagnano si colora, per esempio, di esotismi non irrilevanti, e comunque in anticipo su certo Conan  Doyle e ancor più sul nostro Salgari (che comunque giallista non fu).

Anche nella struttura narrativa, La pietra trova la sua peculiarità nel fatto che un personaggio, Franklin Blake, alla fine della storia commissiona agli altri di ricostruire le memorie che hanno della vicenda secondo la loro esperienza diretta: ne scaturisce così un romanzo costruito sui racconti dei diversi personaggi-scrittori, sotto forma di lettere o rapporti ufficiali. Tecnica questa – del racconto a più voci e secondo più prospettive – destinata a esser ripresa nel Novecento da giallisti americani come Percival Wilde o Kenneth Fearing.

Va detto infine che La pietra potrebbe esser considerato, nella storia del Giallo, il primo fair-play, ossia il primo romanzo in cui il lettore dispone di tutti gli indizi per risolvere il mistero (anche se poi, a un’attenta lettura retrospettiva, il buon Collins complica le indagini con falsi indizi…).

Uno sguardo filologico alle edizioni italiane non può non sottolinearne la varietà titolistica: a La pietra della luna (prima edizione Treves, 4 volumi, 1870-71), alternato a La pietra di luna, successivo e infine prevalente, s’è affiancato infatti Il diamante indiano (Mondadori 1933) e La maledizione del diamante indiano (Nord 2001). Non sono mancati negli anni, a Collins, traduttori più importanti della media, da Alfredo Pitta (voce italiana di Agatha Christie nel primo dopoguerra) a Piero Jahier a Ettore Capriolo. E tra le molte edizioni italiane della Pietra, noi consiglieremmo quella reperibile negli Oscar Mondadori, non foss’altro che per  l’ampia introduzione del grande T.S. Eliot.

 

Quanto al cinema e alla TV, sfidiamo qualunque spettatore italiano ad aver visto le versioni cinematografiche del 1914 (di George Fitzmaurice), del 1915 (di Frank Hall Crane) e del 1934 (di Reginald Baker); meno improbabile, invece, la visione di alcuni film o serie TV della BBC, i più recenti dei quali risalgono agli anni ‘90 (by Robert Bierman, per esempio). E qualcuno potrebbe ricordare ancor oggi la serie TV RAI, diretta nel 1972 dallo specialista Anton Giulio Majano, adattata dai benemeriti Fruttero&Lucentini e interpretata da uno stuolo di attori già diventati (o avviati a diventare) stabili habituès degli sceneggiati a puntate di mamma RAI: Valeria Ciangottini, Aldo Reggiani, Enrica Bonaccorti, Andrea Checchi, Giancarlo Zanetti e Mario Feliciani nella parte dell’amabile sergente Cuff.

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